un’ecologia per il SI

postato il 12 Gen 2019
un’ecologia per il SI

Le fake news si tramandano anche tra generazioni politiche e scavalcano i secoli.

Una favola che mi fa ancora irritare è che i Verdi sono stati il partito del No. Pizzarotti, neoinserito nell’onda verde, alla conferenza stampa dei verdi europei di ieri, si è sentito subito in dovere di ripeterlo e naturalmente, i giornalisti di riprendelo. Non rendendosi conto che questo argomento è stato sempre sbandierato dai cementificatori e inquinatori, dai nuclearisti e petrolieri, dalle lobby delle armi e dei cacciatori, degli Ogm e dei pesticidi, del farmaco, dei rifiuti, discariche e inceneritori, dell’usa e getta e del consumismo, delle grandi opere inutili come la TAV, il ponte di Messina, pedemontane e inutili autostrade e valichi e così via.

Negli anni ’80 e ’90 caro Pizzarotti, tu forse andavi ancora a scuola e anche lì ti raccontavano quello che ripeti oggi mentre noi dopo Chernobyl facevamo uscire l’italia dal nucleare e diffondevamo la necessità di puntare sulle fonti rinnovabili e l’energia pulita, l’agricoltura biologica e lo stop alle cementificazioni e alle emissioni inquinanti, la salvaguardia dei parchi e la mobilità sostenibile, la chiusura di fabbriche della morte come l’Acna, la Farmoplant e quelle dell’amianto, la riconversione di quelle delle armi, iniziavamo bonifiche, istituivamo autorità di bacino, monitoraggi, presìdi, raccolta differenziata, riciclaggio, recupero e riduzione dei consumi e della predazione delle risorse naturali, campagna nord/sud, remissione del debito dei paesi sottosviluppati e colonizzati, contrasto ai cambiamenti climatici,  e tanto altro che con Alex Langer avevamo battezzato conversione ecologica dell’economia, lento soave, profondo diceva per contrastare il motto olimpico e l’aggressività crescente che portò alla guerra dei Balcani con tutti gli orrori che uccisero anche lui insieme a tutte le donne stuprate, le minoranze perseguitate e anche le vittime dei nostri bombardamenti.

In attesa che venga chiarito l’equivoco e le/i verdi e tutte e tutti quelli che praticano ogni giorno l’ecologia nelle loro scelte di vita e nei loro comportamenti non violenti e rispettosi facciano sentire chiara e senza ambiguità la loro voce, pubblico questa belle recensione che la filosofa Elvia Franco mi ha mandato proprio oggi e di cui la ringrazio. Riguarda le testimonianze e la documentazione di tutto l’entusiasmante lavoro di quegli anni di fine secolo dove abbiamo fatto emergere il nuovo paradigma ecofemminista, raccolto nel volume che prego Pizzarotti e gli amici di Italia in comune di leggere e presentare nei loro comuni. Noi, che siamo distribuite su tutto il territorio nazionale, verremo molto volentieri a presentarlo e a spiegare in cosa consiste una ecologia del SI, ben diversa da uno sviluppo che  sta portando al dramma del surriscaldamento globale, a morti e distruzioni.

Ecco cosa ci ha scritto Elvia che era con noi anche in quegli anni:

“L’ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria ” a cura di Franca Marcomin e Laura Cima  è un libro che va segnalato. Un libro che va letto. Un libro che rivela la ricchezza dell’ecofemminismo in Italia a partire dal 1985. Un libro che trabocca di “ragioni seminali” in grado di svilupparsi , fiorire e fare futuro. Perché non c’è futuro senza il coraggio dell’ ecofemminismo sul territorio, negli ideali, nel mondo.

Il libro è una polifonia di voci che testimoniano il tempo di lavoro dei Verdi del Sole che ride, e di tutto l’arcipelago verde, un tempo di entusiasmo, di speranze in cui sembrava di poter cambiare vivacemente il mondo in senso ecologista, antinucleare, pacifista attraverso  idee forti assertive e idee forti critiche. Critiche rispetto alla gestione patriarcale dell’esistente, che si prefigurava sempre di più come globalizzazione, (leggi imperialismo) da parte delle élites economico-finanziarie e neoliberiste e come pretesa della tecno-scienza dibgestire ogni aspetto della vita umana ,e non, nell’orizzonte del profitto e del prestigio,  coniugati al maschile.

Le tante idee forti , allora e oggi, riguardano le proposte per un’agricoltura rispettosa della terra, un’agricoltura che tiene cari gli insegnamenti di Vandana Shiva, per una mobilità sostenibile, per una scuola attenta all’alterita` e alla complessità  , per la conversione ecologica dell’industria, per la difesa degli animali, per favorire il parto in casa, per il rispetto delle differenze, per la consapevolezza di essere donne capaci di gestire l’esistente che si trasforma, ecc…(Se è permesso, questa è immagine e metafora del corpo gravido accogliente che consente sviluppo e trasformazione).

Tutte queste posizioni non stanno a sé, ma confluiscono a formare un’unica sinfonia: la sinfonia verde della speranza e della vita in cui anch’io, mischiata a tante donne, ho avuto la mia piccola parte.

Ora i Verdi in Italia hanno perso quella forza utopica-concreta che avevano, quando Laura Cima era stata eletta deputata nel 1987 e, poco dopo, presidente di un direttivo di sole donne. Come a indicare che la vita, il pensiero, le pratiche sono stimolate e vivono quando si delinea un orizzonte di senso femminile che fa respirare ed è accogliente.

Alcuni maschi delle sinistre (demoproletari, radicali…) confluiti opportunisticamente nei Verdi hanno mortificato questa esperienza di guida femminile e sono tornati loro in primo piano. Hanno di nuovo vinto, comunque perdendo. Perché lo slancio e l’entusiasmo del movimento  sono stati assorbiti dalla  voracità organizzativa -piramidale maschile, questa sì davvero universale, ma sempre più impacciata e debole, perciò più violenta.

Quei semi di verde e di speranza , gettati allora, hanno creato una coscienza diffusa. Oggi c’è  un maggior interesse per l’agricoltura biologica, un maggior rispetto per gli animali, un’attenzione per la raccolta differenziata, uno svilupparsi della bioarchitettura, una sensibilità per una mobilità ecologica, ecc…

Certamente questi sono frutti maturati in quella prodigiosa stagione (fine anni 80 , primi anni 90) in cui i Verdi, più rosa che verdi, sono stati protagonisti della politica italiana.

Ma anche in questo caso, non si può non fare un’amara e indignata constatazione.

La coscienza ecologista non maturava contemporaneamente insieme a una nuova e diffusa coscienza politica e la governance rimaneva, più forte di sempre, nelle mani delle élites neoliberiste che si gettarono a capofitto sulla coscienza “verde ” delle persone per gestirla dal loro punto di vista. Per cui nonostante le piccole comunità laboriose, nonostante le piccole imprese ecologiste e rispettose della terra, le multinazionali capirono che avevano tra le mani una nuova occasione di profitto e non se la lasciarono scappare. Si potrebbe dire “Lasciamole fare, se fanno ecologia!” . Ma non sarebbe da ingenui pensare che il motore del profitto, che ha fatto immensi disastri, sia anche quello che li risolve? Perché se fanno, per es., agricoltura bio qui,  non la fanno forse anche sfruttando  i migranti pagati in nero un niente,  e con l’evasione fiscale conseguente? E magari anche con la distruzione di terre in altre aree del mondo, perché il profitto è il profitto e cinicamente si fa dove si può!

Oggi l’ecofemminismo è  necessario più che mai. Oggi che si è posto il dramma delle migrazioni , l’inquietudine dei cambiamenti climatici, oggi che i viventi che abitano la Terra Madre sono oggetto di grandissimo interesse da parte della tecnoscienza che ambisce un po’ per volta a modificarli geneticamente, così come ambisce a completare del tutto l’espropriazione della donna dal processo riproduttivo con l’embrione ingegnerizzato e la costruzione prossima di grembi supertecnologici, proprio oggi le donne sono consapevoli della loro forza. E se il potere , ancora patriarcale, progetta anche di sostituire le relazioni vive con relazioni finte  di robot come sorveglianti, amici, istruttori, mandando fuori campo gli affetti, la cura, la responsabilità di stare insieme solidali, le donne sono consapevoli che queste cose sono il loro modo di stare nel mondo e non staranno con le braccia conserte a guardare.

L’ecofemminismo  è più necessario di sempre. È necessario che le donne prendano a governare il mondo che si trasforma  e comincino a dare realtà all’intuizione femminile di un uomo caro, Alexander Langer, per cui i paradigmi dell’esistenza dovevano rovesciarsi da altius, citius, fortius,  a lentius, profundius, suavius che sono i tempi della Madre Terra e della femminilità.

Il libro ” L’ecofemminismo in Italia, radici di una rivoluzione necessaria ”  non solo è vivace, non solo è un concentrato di fermenti che attendono di fiorire ,  ma è anche, e soprattutto,  utilissimo per riportare speranza, movimento e pratiche nuove a quest’epoca buia.

L’ ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria, a cura di Franca Marcomin e Laura Cima. Giugno 2017. Casa editrice Il Poligrafo, Padova.

Elvia Franco

Pubblicato in: Ambiente, Donne, Europa, politica,

Commenti:

  • Elena Pulcini 13 Gennaio 2019

    Assolutamente d’accordo.I valori che le donne incarnano ed esprimono laddove si fanno custodi della loro più preziosa eredità simbolica, sono rivoluzionari!

  • Edvige Ricci 13 Gennaio 2019

    Grazie cara! Energizzante il tuo commento, ed assolutamente vero…Anche le donne sono però in qualche modo cambiate da allora,ascoltando i richiami dello sviluppo… Percio’ trovo giusto l’invito alla lettura del libro, che può certo aiutare a un riposizionamento…

  • Alessio Sportaro 14 Gennaio 2019

    Onestamente i verdi italiani mi sembrano proprio il partito del NO, o meglio dicono di No a cose concrete ma quando si tratta di dire di Si parlano di cose astratte di concetti più di cose reali, facciamo l’esempio delle energie rinnovabili.
    Al primo posto nel mondo come energia rinnovabile troviamo l’idroelettrico, quando parliamo di esso dobbiamo pensare alle grandi dighe del 900, ma se parliamo in Italia è difficile farne altre, ma anche quando si è parlato di fare piccoli impianti gli ambientalisti e anche i verdi sono stati contrari, allora parliamo del eolico, esso sta avendo un grande balzo al livello mondiale ma in Italia molte associazioni ambientalisti o tali pensiamo a “Italia Nostra” , sono contrarie anche se parliamo di impianti off-shore cioè in mare quindi con un impatto ambientale minimo, e adesso parliamo di rifiuti.
    Allora sono ovviamente favorevole alla raccolta differenziata, ma tutti devono capire che poi devono essere fatti gli impianti dove vanno quest rifiuti, quindi impianti per trattare plastica,vetro,umido ecc…. ma dubito che le persone siano favorevoli ad averli vicino, per non parlare del trattamento del umido ovvero gli impianti per fare biogas.

  • Laura Cima 14 Gennaio 2019

    Caro Alessio, in poche ore mi sono arrivati 14 commenti tuoi sui miei post, anche su quelli molto vecchi, sono sorpresa di questa tua improvvisa attenzione, approvo questo che è il più articolato e che non condivido ovviamente perché è contrario alla mia esperienza di ecologista da più di trenta anni.

  • Alessio Sportaro 14 Gennaio 2019

    Capisco, non mi sembra molto democratica a , forse un giorno capirà perchè il 97% degli italiani non vi vota più e non condividono tutte le fesserie che dite , allora addio per sempre , e sarà contenta quando si troverà Salvini presidente del consiglio per 5 anni.

  • Elvia Franco 14 Gennaio 2019

    Alessio Sportaro , si accoda alla massa di quelli che dicono che VERDE è uguale a NO.
    Cita , per es., i piccoli impianti idroelettri l ‘eolico, i termovalorizzatori, detta meglio, gli inceneritori. E i cita i 4 NO secchi delle/dei Verdi. Fa specie che Alessio cbe si dimostra tanto sensibile alla corretta gestione dei problemi ambientali, non sia altrettanto sensibile ai modi di una corretta comunicazione. Una comunicazione completa e non demagogica. Lui di fatto dice NO a una comunicazione limpida. Se dicesse si a un comunicare corretto e democratico, aperto e libero, riporterebbe accanto ai NO dei/delle verdi, le motivazioni che li spiegano, e le proposte alternative delle/ dei Verdi, che non sono romantici ( Oh, un po’ di romanticismo non fa mica male alla salute!), non sono sprovveduti, non sono cultori del profitto, sono responsabili anche verso le generazioni future e hanno anche un po’ studiato! Un bel po’, Alessio.

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