Crescita, Progresso, Benessere, Sviluppo o recessione
postato il 20 Feb 2012
Nella ricerca sul linguaggio che abbiamo iniziato da tempo tra femministe e tra ecologisti, ma non insieme, credo che sarebbe importante dare un significato a parole come crescita, sviluppo e recessione che vengono usate continuamente dal governo e dai politici, non solo in Italia ma soprattutto in UE, commentatori nei media compresi, senza avere chiaro, e rendere chiaro il dibattito che le ha messe radicamente in discussione.
Credo che siamo rimaste tutte e tutti sconvolti dalle imposizioni che, in nome dell’austerità, sono state poste alla Grecia da una UE condizionata dalla Merkel e dalla Lagarde del FMI, due donne che ricoprono i ruoli di potere più considerevoli in questa crisi finanziaria-politica prolungata e globale.
Mentre abbiamo chiaro il concetto teorico di decrescita elaborato da Latouche (e da Pallante in Italia), che è l’attualizzazione dei limiti allo sviluppo del Club di Roma, ed abbiamo esempi anche concreti di politiche amministrative portate avanti da alcuni comuni virtuosi, come i Piani regolatori a crescita zero, il consumo zero del territorio, recupero ristrutturazione e riciclo, è sempre più ambiguo il concetto di crescita.
Dovremmo smascherare ovunque con molta forza e molta concretezza questa ideologia della crescita tutta centrata sulla misura obsoleta del PIL, venduta come modo per uscire dalla crisi, di cui ora non si è sentita nessuna idea realistica nè visto nessun esempio concreto che abbia permesso di ridurre costi, sprechi, corruzione, gap nella redistribuzione di reddito aumentando il benessere collettivo. Che dire dei prestiti all’1% alle banche da BCE e del rifiuto di concedere crediti e mutui da parte delle stesse che lo stanno impiegando per speculare sui redditizi rinnovi del debito sovrano?
Intanto pare che i governi non sappiano che il PIL contiene economie nascoste come il lavoro di cura e domestico fatto gratuitamente solo dalle donne, che supplisce a gravissime carenze di servizi statali e contiene diseconomie mai conteggiate come l’inquinamento e la rapina delle risorse naturali. Semmai hanno tentato di far pesare meno gli scandalosi debiti sovrani accumulati mettendo sulla bilancia i risparmi famigliari messi insieme essenzialmente dalle donne. Tanto meno considerano i nuovi indicatori di benessere che anche nel nostro paese. Istat e Censis, stanno mettendo a punto.
La recessione è misurata nello stesso modo e si sostiene che possa essere ridotta e superata togliendo tutele ai lavoratori anzichè favorire per esempio l’ingresso sul mercato delle donne (Una recente ricerca de Il mulino indica in un aumento del 7% del Pil con un’occupazione femminile del 70% e la banca d’Italia + 3% se si raggiungono i parametri di Lisbona).
Progresso e benessere, andrebbero valorizzati come via concreta verso una società più sostenibile di cui abbiamo indicato visioni e progetti mentre non siamo ancora stati capaci di dare vita a soggetti politici nuovi in grado di aiutarci a concretizzarla. Di questo c’è urgenza. Di fatti concreti con cui costruire l’altro mondo possibile in cui crediamo. Di facce nuove, parole nuove, politica e progetti condivisi. Altrimenti continuamo a polemizzare lasciando ad altri spazio per ripetere sempre le stesse logiche distruttive. Impariamo da piccoli esempi che vengono avanti nei comuni: stamane ho sentito i commenti entusiasti di cittadine e cittadini che ringraziavano l’amministrazione comunale del loro piccolo comune in provincia di Bologna per l’efficenza dimostrata nel governare anche eventi straordinari come le recenti nevicate. La giunta è costituita da sole donne e tutti erano molto contenti. Ho pensato al recente romanzo di G. Belli “la città delle donne” e alla società matriarcale dei Minankabau di Sumatra, visitata trent’anni fa e ripresentata a Torino come una delle società di pace sopravvissute.