Il mio giro a Roma e a Napoli
postato il 17 Gen 2014
Intanto mi hanno accompagnato due giovani “angele” troppo simpatiche: La prima Angela mi sta aiutando in modo determinante rispetto alla petizione sul cognome materno, l’altra Laura come me, mi ha scritto un pezzo su “La Stampa” che mi evita di raccontarvi l’essenziale del mio giro: domani infatti devo ripartire per Firenze per il funerale del padre di una giovane donna amata da mio figlio ma anche da me. Non posso quindi raccontarvi tutte le sollecitazioni e gli incontri. Ma lo farò. Questa volta non a caldo come mio solito ma in modo più riflessivo.
Grazie Angela e Laura per la vostra simpatia e il vostro aiuto.
Cominciano naturalmente ad arrivare commenti contrari di uomini, ma anche di Francesca a cui suggerisco di leggere quanto segue e, se ne ha voglia anche il mio libro. Poi ne riparliamo.
Ecco il pezzo di Laura Preite:
Una petizione sul cognome materno già oltre le 40 mila firme
Una petizione per chiedere una legge sul cognome materno anche in Italia ha raggiunto quasi 41 mila firme in pochi giorni. L’ha lanciata l’ex parlamentare Laura Cima dal sito Change. org. Si legge: “Chiediamo al Parlamento di legiferare finalmente e adottare quelle riforme che ci chiede Strasburgo. Il cognome maschile è uno degli ultimi baluardi di una società patriarcale che ormai non ha più senso. Una legge sul cognome materno completerebbe la riforma del diritto di famigliasecondo le indicazioni europee. Ed è ormai tempo di agire. Subito”.
Cima è impegnata in un’attività solitaria di lobby per chiedere ai parlamentari cosa intendano fare. Ora che la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia perché a una coppia sposata non è stato consentito di dare alla propria figlia il solo cognome della madre, il Parlamento italiano deciderà di legiferare? Intanto le firme continuano a salire grazie al passa parola. Cima chiede una legge, quale spetterà al Parlamento.
Se il diritto di famiglia ha sancito ormai da anni la parità dei coniugi, se le donne possono votare, lavorare, fare qualsiasi cosa (almeno sulla carta) degli uomini perché il cognome ai figli non possono darlo? “E’ la società patriarcale, baby” ci ricorda Cima. Lo ha detto con forza anche in un incontro pubblico organizzato alla Casa delle donne di Roma dove ha presentato il suo libro “Il complesso di Penelope”, dove racconta gli anni delle lotte e conquiste femministe di cui è stata protagonista, presenti alla Casa due altre donne che hanno fatto la storia di quegli anni: Marisa Rodano (tra le fondatrici dell’Udi) e Alessandra Bocchetti, filosofa. “Sarebbe una rivoluzione di una portata così simbolica che cambierebbe la società, è la battaglia femminista da fare ora. Mi sono detta : non sto più in parlamento (con i Verdi, è stata anche capogruppo, ndr), non ho più un potere politico, però qualcosa la devo fare…si può fare politica anche con una petizione” racconta.
Si attende la trasmissione alle Camere del disegno di legge che il governo ha predisposto sul tema e di cui ancora non conosciamo il testo. L’iter sarà lungo, due camere, c’è la minaccia che la legislazione finisca prima, l’ultimo tentativo affossato di cambiare la legge sul cognome risale solo alla passata legislatura. Fuori dal palazzo c’è la potenza di una società civile che il cambiamento lo vive già e vorrebbe giustamente ritrovarselo nelle leggi che ne regolano la vita quotidiana.
Commenti:
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Onorevole Cima, non possiamo che esserle grati per l’impegno con cui sta promuovendo iniziative legislative in favore di una parità di genere.
Il governo ha approvato un disegno di legge “civetta”, per far vedere che è reattivo, è chiaro che non c’era la volontà di scontrarsi all’interno della maggioranza su una questione del genere. Il risultato è un decreto che non ottempera alle richieste del Tribunale dei diritti dell’Uomo, perché riconferma la differenza di potere decisionale tra padre e madre. Di fatto “passa” la titolarità della scelta del cognome dallo stato al padre. La novità è che lo stato fa un passo indietro rispetto alla famiglia, cede potere, e questa è una novità “liberale”, ma all’interno della famiglia è il padre che ha l’ultima parola, e questa non è affatto una novità, ma la riproposizione del patriarcato. Solo il parlamento potrà approvare una norma decente, ma ne avrà il tempo?
Intanto le donne usino gli strumenti a loro disposizione illustrati su http://www.cognomematerno.it : domanda di cambio cognome ai prefetti per le coppie sposate, riconoscimento successivo del padre per quelle non sposate. Se poi vogliono fare causa allo stato, sappiano che alla fine potranno godere di un sostanzioso risarcimento stabilito dal Tribunale dei diritti dell’Uomo!