L’ecologia cosa dice sul PIL e sui bilanci?
postato il 25 Nov 2010
Il movimento mondiale delle donne riunito a Pechino nel 1995, quindici anni fa, chiese per primo a tutti gli Stati di riconsiderare nel Pil gli indicatori relativi al lavoro domestico e di cura che le donne in tutto il mondo, e naturalmente anche in Italia soprattutto al Sud continuano a svolgere gratuitamente come mamme, figlie, sorelle e nonne permettendo ai governi di non stanziare fondi per i servizi ai bambini e agli anziani come è nuovamente avvenuto in questa finanziaria, o legge di stabilità.
Nessun governo ad oggi ha trovato una soluzione. Nel nostro paese fu Laura Balbo, Ministra delle Pari opportunità dei verdi che per prima tentò di presentare una legge organica senza che il governo di sinistra ne tenesse conto.
Oggi moltissimi economisti ormai ribadiscono che il PIL non è più strumento idoneo a misurare ricchezza, benessere e felicità.Sarkozy, appena insediato ha promosso una commissione apposita, guidata dal premio Nobel Stigliz, di cui fanno parte personaggi autorevoli come Fitoussi, e credo anche il nostro Bassanini, per trovare una soluzione.
Il Butan è il primo stato che ha introdotto il Fil, sostituendo al Prodotto la Felicità interna lorda.
Gallup e New Fondation di Londra hanno stilato classifiche che considerano anche la compatibilità ambientale e la soddisfazione individuale insieme al Pil . I risultati sono sorprendenti perchè per Gallup insieme ai paesi del Nord Europa primi, che hanno redditi più bassi degli Usa compaiono anche prime del gigante americano paesi del centro america come il Costarica che stanno addirittura prima dell’Europa secondo New Fondation mantre gli Usa stanno in coda come i paesi africani.
E’ evidente che almeno le economie nascoste come il lavoro gratuito delle donne e le diseconomie nascoste come i costi da danni ambientali devono fare parte del Pil.
Stigliz sostiene che occorre usare più indicatori che si riferiscano a economie e diseconomie nascoste ma anche alla sostenibilità ambientale e al,benessere individuale, producendo oltre al Pil corretto altri nuovi strumenti.
Lo stesso dibattito si è aperto rispetto ai bilanci da quello dello stato, e di regioni ed enti locali a quelli di aziende partecipate, Asl, Università, Enti vari e aziende private.
Si sono diffusi in questi anni bilanci che affiancano quelli preventivi e consultivi: il bilancio sociale, il bilancio di gener, il bilancio ambientale.Spesso non modificano minimamente i criteri di spesa. Non sarebbe meglio fare un unico bilancio che tenga conto delle esigenze ambientali, sociali e di genere?
Lo chiedo anche agli amministratori dei comuni virtusi che in questo fine settimana si troveranno in due importanti appuntamenti a Siena e a Firenze. Il primo per discutere di economia ed ecologia e il secondo per concretizzare Abbiamo un sogno.
Misurarsi con questi problemi concreti e proporre in tutta Italia, ad esempio, il bilancio partecipato sul modello di Porto Alegre, vuol dire scendere dal sogno e modificare la realta e gli strumenti distorti su cui marcia questo sviluppo insostenibile