prendi i soldi e scappa: si discute di finanza tra donne da stasera
postato il 8 Giu 2012
In occasione dell’inizio del seminario ad Altradimora, a Carenzano ripropongo il mio articolo, già pubblicato su Marea, le cui considerazioni proporrò come facilitatrice. Chi ha suggerimenti e integrazioni mi fa un regalo se me li invia di oggi. L’argomento non è semplice.
“Vorrei riflettere insieme a voi su quanto c’è di buono, e quanto invece dobbiamo modificare, del fatto inconfutabile che le donne da sempre tendono a coprire spazi lavorativi, di ricerca e di vita caratterizzati dall’essere poco o nulla remunerativi. Il volontariato è tradizionalmente femminile come lo è il lavoro di cura e domestico gratuito.
Abbiamo chiaro che storicamente gli uomini ci hanno escluse dai luoghi di potere che andavano consolidando e dove concentravano la ricchezza e ci hanno ghettizzate nel privato e nei lavori poco retribuiti. Quello che dobbiamo capire e come mai noi continuiamo ad accettare questo stato di cose come fosse immutabile e non abbiamo messo in atto la doppia strategia:
1° rompere l’isolamento entrando nei luoghi di potere maschile e mettendo in discussione l’uso distorto della ricchezza che ha aumentato a dismisura il potere di pochi :la sua distribuzione ingiusta negli ultimi decenni ha sempre più accresciuto la forbice tra i pochi che hanno troppo e la stragrande maggioranza che ha sempre meno.
2°valorizzare il nostro lavoro, quello materno, quello di cura e domestico, o quello volontario che tiene insieme la società, la formazione e l’insegnamento, che hanno permesso alle società di riprodursi oppure invadere la ricerca e gli studi di genere, la finanza, l’economia e le banche dove si accumula ricchezza per poi specularci e proporre un altro mondo possibile.
Vorrei capire perché, dopo la scelta iniziale degli anni Settanta di separarci dal mondo per metterne al mondo uno che ci piace di più, e quindi di potenziare la nostra autonomia, le nostre relazioni e i patti tra di noi (cosa quest’ultima ben poco riuscita), non siamo rientrate nel mondo con la forza delle nostre convinzioni e delle nostre pratiche per scompaginare le stratificazioni di potere maschile e la distribuzione del reddito che ne derivava. Perché non abbiamo rivendicato come la nostra antenata femminista che nel 600 rivendicò il principio “No taxation without rapresentation”, rifiutandosi di pagare le tasse. Noi le abbiamo sempre pagate perché “non abbiamo creduto di avere diritti”? Perchè abbiamo rispettato allora tutte le leggi dello stato ingiuste mettendo di rado in atto la disobbedienza civile. Vorrei i dati disaggregati per genere che non abbiamo ancora in Italia per vedere documentato il fatto di cui sono certa: le donne non evadono le tasse, o le evadono molto meno degli uomini. Le donne non sprecano risorse ma amministrano con estrema oculatezza quelle che gestiscono.
Vorrei anche discutere del fatto che a chiedere una rappresentanza egualitaria (50-50) ci siamo almeno arrivate anche se non l’abbiamo ottenuta e avanziamo comunque una serie di perplessità rispetto all’obiettivo, relative alla qualit e all’autonomiaà delle donne che ci rappresentano, mentre non ci sogniamo di chiedere una redistribuzione egualitaria delle risorse, accettiamo un differenziale retributivo che si aggira intorno al 30% e continuiamo a lavorare gratis 4 o 5 ore al giorno, facendo riposare gli uomini con cui viviamo.
Posta questa questione di fondo vorrei analizzare brevemente la situazione di crisi strutturale in cui ci troviamo per capire con voi come agire collettivamente e individualmente.
Un trinomio che è stato funzionale allo sviluppo capitalistico delle società occidentali è quello delle banche che finanziavano l’artigianato e poi le industrie che, grazie ai capitali, producevano lavoro, sfruttato ma grazie, alle lotte operaie, contrattato.Questo sistema durato secoli ora è in crisi irreversibile.
Che le donne non facessero parte della finanza e non facessero impresa era ovviamente dovuto al fatto che fino ad alcuni decenni fa non avevano neppure la capacità giuridica e quindi il diritto di proprietà, di ereditare e disporre beni. Con questo piccolo stratagemma ci hanno cacciate per secoli nel privato in condizione di servitù mentre loro disquisivano tra di loro di eguaglianza, diritti democrazia, economia.
Che le donne entrassero e uscissero dal mercato del lavoro quando faceva comodo e fossero destinate ad occupare lavori quando si svalutavano, e le tutele ottenute (la maternità ad es.) ne riducessero la competitività sul mercato lo sappiamo. Ma troppo spesso dimentichiamo che sono state all’avanguardia delle lotte per contrattare condizioni migliori. Le mondine hanno ottenute per prime le otto ore e per le tessili voglio ricordare l’episodio del “Patto della montagna”: nel 1944 la Commissione femminile dei sindacati tessili di Biella riesce ad ottenere un accordo con la controparte padronale che riconosce loro il diritto alla parità salariale e all’indennità per la maternità. Nel dopoguerra la legislazione nazionale riassorbe questo progresso ma grazie ad una causa vinta dalla Camera del Lavoro le lavoratrici biellesi riconquistano la parità di retribuzione. Siamo nel 1963 e sono le prime in Italia. Molto prima dell’Inghilterra, nell’episodio della sciopero della Ford documentato dal bel film “We want sex”.
Oggi che il trinomio è saltato grazie allo strapotere della finanza speculatrice e delle banche che comandano i nostri governi, li sostituiscono con quelli tecnici a loro più funzionali e ci dettano gli obiettivi da raggiungere per sanare i debiti che hanno contribuito a creare, la contrattazione sul lavoro ha perso di significato?Dalla Fiom cacciata dalla Fiat con il beneplacito del PD alla fine della contrattazione nazionale e all’ultima riforma del Mdl, dobbiamo capire se con il crollo del socialismo reale e la crisi profonda del capitalismo anche le OOSS stanno diventando obsolete.
Siamo a un livello di tassazione ormai insopportabile senza nessun controllo di come le risorse rapinate sono usate. Le tasse non vengono usate per ridistribuire il reddito e agire sul Welfare creando servizi utili ma vanno a finanziare il fondo salva stati che è gestito da una società privata intergovernativa che non ha nessuna responsabilità, nessuna legittimità democratica e non è soggetta a controlli di chi gli ha dato il denaro, cioè noi. Questo denaro non viene redistribuito a chi vive ormai in miseria, agli imprenditori e ai disoccupati che si suicidano, ma viene regalato alle banche al tasso dell’1% che possono usarlo per speculare, per comprare quote di debiti sovrani a tassi ben più remunerativi e non concedono crediti alle imprese e mutui ai privati se non a tassi altissimi e senza rischio.
Possiamo accettare tutto questo commercio da cui siamo escluse e chi ci sta portando nel baratro?
Possiamo credere che per opporsi si possa raccontare che poi penseremo alla crescita, come dice Monti e i partiti che lo sostengono, senza mai chiarire di che crescita si tratti?
Se siamo abituate a gestire risorse con oculatezza abbiamo chiaro che tutto ciò non può funzionare e che di sviluppo indiscriminato non si può più parlare (vedi il mio post precedente sui limiti alla crescita, e allo sviluppo). Non solo perché il nostro pianeta è reso ormai fragilissimo dal modo in cui si sono depredate le risorse naturali e si è diffuso l’inquinamento irreversibile in nome della crescita. Ma soprattutto perché oggi alla crescita di questo sistema capitalistico non crede più nessuno, neanche chi ha in mano le leve del potere.
Abbiamo molto lavoro da fare ma solo noi siamo in grado di parlare con chiarezza e demistificare le falsità della finanza, dei governi e dei partiti. Cominciamo subito perché non c’è molto tempo.
Commenti:
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cara isotta, hai reso molto bene il tuo pensiero la tua testimonianza è simile a quella delle cinquanta donne che si sono ritrovate a “prendi i soldi e scappa” Non è facile trovare il nostro modo di uscire dalla crisi, ma proporre quello che pensiamo e aprire il conflitto su quello che vogliamo, senza mai rinunciare alla radicalità che ci impone anche la situazione e la disperazione in cui tentano di spingerci, è l’unico modo. non soffrire da sole ma agire insieme un abbraccio
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Perche non diciamo a Cota,e a tutti i politici che gli oss sono sfruttati spremuti come i limoni? che nel reparto siamo come le formichine facciamo tutto e di più (assistenziale e parte di sanitario) ma la nostra figura dovrebbe essere rivalutata in parallelo con il professionale e inquadrata in fascia C a livello di monetizzazione(anche la gratificazione aiuta a stare bene) che per lo più delle persone comuni non sa in realtà chi siamo.L’Oss è una figura giovane nata nel 2001 e fin qui va bene, il problema è che le nuove generazioni non hanno voglia di lottare si piegano per paura del posto di lavoro ma non sanno che cosi facciamo il gioco di chi a le redini in mano della nostra vita. E cosi siamo costretti a piegare la testa per non morire da sole. Scusa laura ma sono sempre stata combattiva e quando penso in che mondo siamo arrivati non so se piangere o ridere. Baci