Referendum e le donne

postato il 10 Giu 2011
Referendum e le donne

Mentre ricordo che il Papa finalmente fa parlare un pò la sua parte femminile quando afferma che: “L’ecologia umana è un imperativo e deve essere priorità politica ed economica” e che questo semplice assunto necessita di un totale ribaltamento dei valori e degli obiettivi di questa politica maschile, prvaricatrice ed egiosta, che ingessa nel cemento, nel rischio radioattivo, nella proprietà dei beni comuni e nella manipolazione genetiche il suo potere, pubblico volentieri l’articolo di Monica che porta argomentazioni chiare al SI delle donne sui referendum:
Che genere di voto
di Monica Lanfranco
Si può affermare che il voto referendario ha un genere sessuato, anche laddove il quesito non riguardi direttamente questioni che attengono alla libertà di scelta in materia riproduttiva, di orientamento e di legame tra i sessi, e quindi di relazione tra i corpi e le visioni che questa relazione realizza nella società?
La mia risposta è certamente sì, dal momento che una delle peggiori trappole ideologiche del pensiero patriarcale sta nel propugnare il neutro maschile come universale, e così facendo ingloba e cancella il punto di vista femminile senza permettere il doppio sguardo, che è l’unica possibile chiave di svolta di ogni processo di cambiamento.
In questo pesante e millenario occultamento politico della diversità il dominio patriarcale ha creato un sistema ferreo di gerarchie e attribuzioni di ruoli sessuati funzionali alla conservazione del potere nelle mani maschili: femminile e maschile hanno assunto così, nel simbolico come nell’educazione e quindi nella cultura, il preciso significato di due distinti modi di dover essere, che hanno inchiodato i due generi in funzioni e ruoli gerarchicamente precisi e più facilmente controllabili.
Sappiamo, grazie al femminismo, quanto sia importante non solo per le donne ma anche e soprattutto per gli uomini scardinare questo meccanismo, perché una società composta da persone che obbediscono a leggi presuntamente derivanti dall’interpretazione unidirezionale della natura, o del volere di una divinità, non solo è ingiusta e diseguale ma anche infelice, tetra e sottrae talenti e opportunità da condividere alle comunità umane.
Conosciamo bene anche le insidie insite nella femminilizzazione che spesso piega le pratiche e il pensiero ad una visione discriminatoria, pur all’apparenza gratificando le donne: questa o quella funzione, si dice, sono femminili, (come ad esempio l’attitudine alla cura, o alla comprensione ed empatizzazione delle relazione e del quotidiano). Ecco confezionato il recinto comodo e veloce che relega al privato le donne, (dove purtroppo esse stesse stanno spesso e volentieri), delegando al logos maschile il governo del mondo e del politico, e quindi delle vite tutte.
Questa retorica blocca le donne nel ruolo dei raccoglitrici, e gregarie, e altrettanto fa con gli uomini, decidendo il loro dover essere cacciatori e condottieri.
Occuparsi di ambiente, di acqua, di energie rinnovabili, di tutela e premura per ciò che ci circonda rischia di essere interpretato come una debolezza, una fragilità e un languore che ostacolano il progresso, il futuro, il progresso tecnologico.
Che mancanza collettiva di coraggio, sembra dire chi sostiene la privatizzazione dell’acqua e l’avvento del nucleare: ecco la solita pavida resistenza alle sfide, tipica del conservatorismo prudente che è costituzionalmente femminile e contrapposto alla virile ed evolutiva potenza maschile.
Eppure ben sappiamo che proprio nella prudenza e nell’attenta valutazione dell’impatto di ogni nuova tecnologia sulla natura e sulla vita sta la possibilità di guadagno e vantaggio collettivo, anche perché la storia ci ha già consegnato esempi di catastrofi, lutti e disastri originati dall’egoismo frettoloso del profitto e dalla smania di saltare passaggi cruciali della ricaduta di ogni scelta.
Forse in Italia non è ancora chiaro che parlare di acqua come bene pubblico e di energie rinnovabili al posto di nucleare non è fare ostruzionismo al nuovo che avanza, ma è parlare di democrazia e di futuro compatibile con l’esistenza.
Le donne africane, ancora in grande numero schiave della grande fatica che richiede il compito di garantire acqua alla propria famiglia, sanno che è proprio la mancanza di sistemi collettivi e pubblici di approvvigionamento idrico che le allontana dalla scolarizzazione e quindi dalla maturità come cittadine libere. L’avvento della gestione pubblica dell’acqua in questo caso sarebbe l’inizio del percorso verso la democrazia di genere in molti paesi, così come la ricerca e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, nell’Italia ‘paese del sole e del vento’ significherebbe migliaia di posti di lavoro, oltre che sicurezza per l’ambiente e per la salute.
Rigettare al mittente, con 4 sì ai referendum, impianti ideologici patriarcali come la visione privatistica di un bene comune dell’umanità, il delirio nucleare e la sciagurata introduzione di un principio di ineguaglianza nel caso del legittimo impedimento significherebbe il farsi largo di una coscienza del limite e della responsabilità.
Una dichiarazione, insomma, di adultità e di maturità delle donne e degli uomini di questo paese, in contro tendenza con la sciagurata debole immaturità maschilista di chi ora lo governa.


Monica Lanfranco
www.monicalanfranco.it
www.altradimora.it
www.mareaonline.it
www.radiodelledonne.org

“Non si può smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”
Audre Lorde

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