Riflessioni su economia, globalizzazione, dignità, libertà e società
postato il 29 Gen 2012
Utilizzo il primo giorno del 2012 per fare il punto politico delle esperienze vissute lo scorso anno, per molti e molte definito il terribile 2011, ma che a noi ha aperto molti spazi.
Fare i conti con le macerie del ventennio berlusconiano significa affrontare quello “smarrimento del nostro tempo” che già Simon Weil individuava negli anni del secolo scorso, in cui ha agito politicamente con la passione che ci piacerebbe ritrovare. Per questo riprendo quella parola che lei ha usato e a cui dò molto valore: riflessioni.
Abbiamo bisogno di riflettere, da sole e tra di noi, per decodificare la realtà che ci circonda, capire come tenta di ristrutturarsi il potere mondiale, eliminando le scorie costituite da dittatori vecchi e nuovi, cambiando i vertici delle organizzazioni internazionali e concentrando le decisioni nell’alta finanza.
Riflettere è una bella immagine perché riprende l’effetto specchio, utile per guardare noi e tra di noi e mettere in comune pensieri ed azioni. Favorisce il riconoscimento reciproco.
Ripensare anche al linguaggio che usiamo per riprenderne il significato profondo che ci appartiene è riflessione. Il progetto di Monica “parole-mondo” è un inizio. Il lavoro fatto a l’Aquila con Laura Marchetti e le amiche del gruppo Ambiente, che abbiamo ribattezzato Natura per spezzare le dicotomie interno/esterno, natura/cultura, è stata una sperimentazione utile.
E’ importante non fermarsi mentre si riflette e movimenti come “Se non ora quando” e quello per l’autodeterminazione e la difesa dei consultori, dei centri antiviolenza vanno appoggiati arricchiti e potenziati. Collegarsi anche a tutte quelle donne che hanno determinato la vittoria sui referendum contro il nucleare e per l’acqua pubblica. Che continuano a lottare per difendere i beni comuni e l’ambiente dall’aggressione dalla bio-politica e dal bio-potere . Utile il recente bignamino curato da Stefano Rodotà su Foucault e le nuove forme di potere, pubblicato da Repubblica a fine anno, dove si aggiunge il principio di dignità a quelli tradizionali di libertà ed eguaglianza per cui intere generazioni di donne e uomini hanno lottato.
I mille progetti politici come quelli di punto G, diventato non a caso momento separato a 10 anni dalle giornate di Genova che hanno chiuso con la violenza la possibilità di confronto sulla globalizzazione, vanno fatti conoscere, indagati, collegati e diventare patrimonio del movimento delle donne nazionale. Come ha tentato la rivoluzione gentile, iniziata con l’appoggio di collettivi pugliesi alla candidatura di Vendola in Puglia e poi collegata alle amiche aquilane di Terre-mutate. Valorizzare pratiche di movimento che cambiano senza violenza la realtà politica, per sottrarre le giovani del movimento studentesco, di quello No-Tav e di altri alle pratiche violente, per riflettere insieme sul trinomio disperazione- rabbia-violenza, anche quella rivolta con se stessi come i suicidi nelle carceri, dei disoccupati, delle madri disperate. Per incominciare a indagare chi sono i violentatori e i maltrattanti e farli riflettere e specchiare nella loro miseria prima che colpiscano altre donne. Una ogni tre giorni nel nostro paese
Altre realtà cittadine nate in occasione di elezioni come il“collettivo civico di Torino”, i gruppi che hanno appoggiato Pisapia e favorito l’affermazione di donne a Milano, Napoli, Cagliari, Bologna, vanno collegate per mettere in comune obiettivi individuati e raggiunti e frustrazioni patite.
Abbiamo bisogno di valorizzare anche gli strumenti che il movimento si è dato come le riviste ( Noi donne e Via Dogana non sono le sole). Legendaria ha diffuso recentemente un numero speciale sulla pratica di cura e il suo valore politico, a cura del gruppo romano del mercoledì arricchito da prestigiose firme di femministe storiche. Marea, con la collegata radio delle donne, è ormai una realtà consolidata, aperta, multimediale, che le amiche che ci ospitano hanno tenuto in vita con molti sacrifici, parola oggi rilanciata dal nuovo governo che per ora sta peggiorando le nostre condizioni di vita. Facciamone uno strumento comune per rafforzarla politicamente ed economicamente.
Le difficoltà economiche delle donne e delle loro iniziative stanno diventando intollerabili e vanno affrontate subito. Nella lettera aperta che ho indirizzato alle organizzatrici di SNOQ prima della manifestazione dell’11 dicembre, e che trovate sul mio blog, ne ho parlato diffusamente e ho proposto che si cominci a rivendicare a voce alta il 50% anche delle risorse. Non solo quello delle nostre rappresentanti. Questa è per noi equità altra parola detta e non praticata dal nuovo governo.
La banca d’Italia sostiene che con la piena occupazione femminile si otterebbe un aumento del Pil del 3%, e secondo gli indicatori di potere si uscirebbe dalla recessione. Pretendiamo che si mettano in atto tutte le politiche attive del lavoro e di welfare per ottenerla.
Il nostro lavoro nel Laboratorio politico produciamo idee di Torino si è concentrato l’anno passato su questi temi e nel convegno del 30 giugno “Politiche- indifferenti” abbiamo iniziato a ragionare sulle poche statistiche di genere di cui disponiamo, utilizzando il prezioso lavoro di questi anni di Linda Laura Sabbadini, che aora sta lavorando alla ricerca di indicatori di benessere- Possiamo aiutarla.
Oltre all’occupazione femminile una prima richiesta da fare alla Fornero, che non dimentichiamo è anche Ministra delle Pari Opportunità, è quella di avere una legge per rendere ovunque obbligatorie le statistiche disaggregate per genere, anche i sondaggi elettorali, l’analisi dei flussi e gli exit-poll.
Non possiamo fidarci sempre solo del nostro fiuto e dell’esperienza nella nostra realtà per mettere a fuoco le priorità politiche. Occorrono dati e reti, analisi e studi che le Università possono approfondire.
Abbiamo messo in relazione esperte che si sono confrontate: Fulvia Bandoli ci ha raccontato la sua storia politica ma è anche un’esperta di politiche ambientali ed animatrice del gruppo del mercoledì, Marilla Guadagnini è in una rete europea importante, in relazione con la Braidotti, (teorica del cyberfemminismo che ci ha spiegato come nel resto dell’Europa la sinergia tra politiche nelle istituzioni e nei partiti, nelle istituzioni di parità e nelle associazioni abbia dato risultati. Proviamo anche noi a fare rete e ad abbattere muri arricchendoci con le nostre differenze anziché contrastandoci o ignorandoci.
Il problema è la chiarezza del nostro progetto politico e la capacità di essere dirigenti nella società. Maria Magnani Noya ci ha lasciato il testimone con un bellissimo intervento politico e ci ha fatto misurare quanto la nostra generazione si sia impoverita di ideali e pratiche nella politica istituzionale e neutra.
Agenda politica, contenuti e obiettivi si impongono quando abbiamo chiare le nostre priorità. Le sappiamo comunicare e valorizzare. Altrimenti si subiscono quelli altrui-
Per agire un soggettivismo femminista occorre approfondire a livello teorico come si coniuga la libertà femminile con la realtà odierna di un mondo globalizzato che ha permesso a finanza, economia e multinazionali di modificare profondamente la vita e le condizioni di lavoro di donne e giovani, ed ha attaccato diritti sindacali consolidati. Da “Seattle” si è mobilitato un popolo no-global, una moltitudine (Negri, Hatkins). Oggi nel mondo arabo, dove la popolazione giovanile rappresenta nel mediterraneo il 70%, vecchi regimi autoritari vengono spazzati via da mobilitazioni continue che hanno carattere laico e non sono egemonizzabili dal fondamentalismo. Ma il rischio rimane e le relazioni di punto G con le amiche arabe, che hanno caratterizzato il loro intervento politico sulla laicità, oggi sono fondamentali.
Per questo propongo di iniziare una università femminista popolare e diffusa, anche virtuale ma collegata ai Women studies, della portata di quelle verdi che hanno diffuso 20 anni fa in Italia i contenuti ecologisti ed hanno contribuito a far vincere il primo referendum antinucleare dopo Cernobyl. Riprendiamo la critica della scienza che sviluppammo allora coinvolgendo Elisabetta Donini che la inizià in Italia.
A partire dalla critica di Marx che, pur rovesciando la teoria di Hegel (materialismo su idealismo) non ha superato l’utopia e, secondo la Weil, è sceso sul piano quasi mistico quando affidava al proletariato una “missione storica”, le sue riflessioni ci aiutano anche oggi , quando come ieri “..la vita familiare è diventata solo ansietà, a partire dal momento in cui la società si è chiusa ai giovani” che hanno “la consapevolezza di non avere alcun avvenire…Del resto questo male al giorno d’oggi, se è più acuto per i giovani, è comune a tutta l’umanità. Viviamo in un’epoca priva di avvenire. L’attesa di ciò che verrà non è più speranza, ma angoscia”.
“ Questa religione delle forze produttive, in nome della quale generazioni di imprenditori hanno schiacciato le masse lavoratrici senza il minimo rimorso, costituisce un fattore di oppressione” anche all’interno dei movimenti operai, ha costituito l’alibi per lo stalinismo che ha oppresso e ucciso in nome del progresso. Oggi è sopravanzata dalla religione della finanza globale.
La Weil sostiene che dobbiamo usare il metodo materialista, che nemmeno Marx ha saputo usare secondo lei, “per sapere in cosa consista il progresso” e propone di cominciare dalle fonti energetiche fossili che sono destinate ad esaurirsi e quindi, sarà indispensabile trovare nuove fonti di energia. Pensa alla possibilità di un cambiamento del clima ma non lo collega alle emissioni industriali e quindi non ne vede i pericoli, ma lo prevede, e infine si sofferma sulla “razionalizzazione del lavoro” e sui fattori economici della concentrazione, divisione e coordinamento.
Questi fattori ora li dobbiamo ripensare in un mondo globalizzato e Yunus, la Klein e persino lo speculatore Soros mi hanno aiutato a farlo mentre il movimento no global e i social forum hanno tentato di trovare una risposta politica oggi aggiornata dagli Indignados e da Occupy Wall Street.
Cipolletta nel suo libro “Banchieri, politici e militari” tenta di legare alle scelte politico-militari le crisi finanziarie che si sono succedute a partire dalla guerra di Corea dell’inizio degli anni 50 dopo la vittoria in Cina di Mao. Passando dalla crisi di Suez e da quella del petrolio del 73, dalla guerra del Vietnam che segnò la fine degli accordi di Bretton Woods del 1944, con l’avvio della stagione dei cambi variabili, del riciclaggio dei petroldollari, si sofferma sull’invenzione dei nuovi strumenti finanziari che hanno “infettato tutto il sistema bancario mondiale” dando il via alla crisi del 2008. La previsione è che la carenza di acqua e di cibo, conseguente alle cementificazioni e alle desertificazioni, all’aumento di prezzo degli alimenti base, saranno causa della prossima crisi.
Oggi la Cina ha frenato il fallimento di banche ed assicurazioni americane accollandosi gran parte dei debiti USA ed il fallimento di interi stati europei, nello stesso modo. Ma ce ne farà pagare il prezzo.
Loretta Napoleoni è la prima economista italiana ad aver indagato il pianeta Cina nel suo “Maomics” e ad aver capito Il Contagio nel suo ultimo libro. Leggiamole e prendiamo contatti con lei.
Possiamo pensare al futuro forti di tante idee e relazioni tra di noi. Sono convinta che questo è il momento di “pensare in grande” e di osare con i nostri progetti e di potenziare le nostre reti per fare nostra una politica per noi e il nostro paese. Per responsabilità non possiamo più rimandare.