Un mondo in guerra che rischia l’autodistruzione
postato il 16 Ott 2006Il mio dentista di origine libanese, benestante e in rapporto con le famiglie più importanti di quel paese martoriato, mi diceva che Hezbollah ha aumentato a dismisura il consenso politico: se si votasse ora in Libano potrebbe raggiungere percentuali che triplicano la sua forza dopo l’invasione israeliana.
Persino i cattolici, che hanno visto arrivare le bombe sulle loro case, ora sono convinti che Hezbollah abbia fatto bene “a dare una lezione a Israele”.
D’altra parte ho sentito dire le stesse cose al premier Senora in una recente intervista in cui riconosceva che, poichè l’esercito libanese è debolissimo, bisognava ringraziare la resistenza Hezbollah che ha fermato l’invasione.
Ricordo quando ho avuto un primo incontro politico molto importante a Gerusalemme, durante la prima Intifada alla fine degli anni ottanta, con molte altre donne italiane di varie associazioni femministe e pacifiste come le Donne in nero, in cui riuscimmo a far dialogare tra di loro e con noi, donne palestinesi e israeliane, per iniziare un reale processo di pace condiviso. Poco dopo Oliviero Toscani firmò per Benetton un opuscolo pubblicitario e politiche con bellissime fotografie di israeliani/e e palestinesi insieme. Anche questi fatti aprirono la strada agli accordi di Oslo.
Oggi tutto ciò sarebbe impensabile perchè il sangue versato da entrambe le parti ha reso difficile qualsiasi dialogo e ha fatto crescere una nuova generazione di fondamentalisti che si contrappongono al laicismo storico dei palestinesi, quando erano una classe di alto funzionariato in tutti i paesi arabi. Anche qui come in libano la guerra ha rafforzato gli estremisti. Oggi il governo è in mano ad Hamas che non vuole riconoscere ad Israele il diritto di esistere e che in questi anni di corruzione di Al Fatah ha investito nel sociale e ha costituito un riferimento politico per tutti quelli che sono cresciuti nei campi profughi dove le rappresaglie israeliane si sono fatte sentire pesantemenete.
Un bel film palestinese “Paradise Now“ racconta di come e dove vengono reclutati i kamikaze. L’ultimo scandalo emerso oggi con l’accusa al presidente israeliano Katzav di violenze e stupri segna una ulteriore difficoltà di interna di Israele che spiega anche la richiesta odierna di incontro con il premier libanese.
Il programma nucleare dell’Iran è una minaccia per Israele, che possiede la bomba ma non ufficialmente. Ma è una minaccia per tutto il mondo, come lo sono gli esperimenti della Corea del Nord. Pare che dietro l’arroganza dei due leaders ci sia comunque la Cina.
L’ultimo rapimento in Afganistan del giornalista italiano ed i massacri che continuano anche in Iraq, la recrudescenza della guerra civile in Sri lanka con l’attentato kamikaze Tamil odierno, la guerra e la repressione russa in Cecenia di cui non si parla più e per il silenzio vengono massacrati i giornalisti in Russia, la situazione ormai senza speranza in Darfur e in Somalia, la polveriera dei Balcani e quanti altri conflitti ancora si troverà ad affrontare l’Italia appena entrata nel Consiglio di sicurezza dell’Onu come membro non permanente?
Prodi ha annunciato che l’Italia userà il seggio in nome dell’europa, coerentemente con la posizione politica sostenuta di un seggio unico europeo contro le richieste della Germania. Spostato il contingente italiano dall’ Iraq al Libano abbiamo fatto un primo passo verso il dialogo con il mondo arabo e islamico moderato? Sapremo muoverci per favorire uno spiraglio di pace in medio oriente?