una convenzione verso un soggetto politico molteplice

postato il 11 Giu 2012
una convenzione verso un soggetto politico molteplice

Abbiamo discusso per tre giorni al seminario “prendi i soldi e scappa”, dell’economia, parola la cui etimologia significa amministrazione della casa e dei beni di famiglia, e di come riappropriarcene dopo che se ne sono impadronite “potenze finanziarie che giocano a dadi con denaro virtuale condizionando, e più spesso spezzando, le vite reali e concrete di donne e uomini in paesi che rischiano la bancarotta, o sono ostaggi di poche decine di banche.“
Economiste come Loretta Napoleoni, consulente anche del sindaco 5 stelle di Parma soffocata dai debiti della giunta precedente, Stephanie Kelton, docente all’Università del Missouri e Marcella Corsi dell’Università la Sapienza, tutte molto critiche nei confronti della politica mondiale ed europea attuali, hanno segnato con le loro interviste lo sfondo della discussione che ha poi aperto alle nostre storie di vita e di lavoro. Lidia Menapace, che teorizzò l’economia politica della differenza, ha articolato la sua tesi relativa al fatto che stiamo assistendo alla crisi finale del sistema capitalistico che non è più in grado di riformarsi come non lo è il tardo patriarcato. La difficoltà di aprire un conflitto e una contrattazione diventa sempre più quella di individuare una controparte, visto che la crisi della politica e dell’economia tendono a sottrarre quelle più vicine, comune, governo e Parlamento per spostare la responsabilità fino al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Europea. Le aziende poi si sottraggono con la delocalizzazione e la sostituzione della trattativa sindacale con l’arbitrato obbligatorio mette a rischio il diritto di sciopero. Ma il lavoro biologico e sociale è irriducibile al mercato, chiarisce Rosangela Pesenti ricordando che le donne sono l’imprevisto della storia perché possono sovvertire tutte le previsioni smettendo di fare figli, come già succede da tempo nel nostro e negli altri paesi occidentali ed ora anche in Africa e Asia.
Erminia Emprin osservando che è la prima volta nella storia del nostro paese che cinque generazioni di donne si ritovano a discutere insieme, come succede a noi in questo seminario. Ciò permette di scambiare una ricchezza di esperienze dirette straordinaria, lunga quasi un secolo se si risale, come facciamo tutte, anche alle nostre famiglie d’origine per spiegarci la realtà che ci circonda e il nostro esserci immerse. Mi associo alla sua considerazione sull’attualità della Arendt di Vita Activa ed voglio riportane un brano profetico se pensiamo che attori della speculazione sono gli algoritmi dei computer che reagiscono a Wall Street: “Se la conoscenza (nel senso moderno di know-how, di competenza tecnica) si separasse irreparabilmente dal pensiero, allora diventeremmo esseri senza speranza, schiavi non tanto delle nostre macchine quanto della nostra competenza, creature prive di pensiero alla mercé di ogni dispositivo tecnicamente possibile, per quanto micidiale[…] è il linguaggio che fa dell’uomo un essere politico”. Ma gli uomini hanno perso la parola (cfr post primum vivere) e sono rimaste le donne, che insegnano a tutte e tutti a comunicare appena nati, che possono reinventarla in una fase in cui non ci scuote solo il terremoto fisico del Nord-Est ma quello di una crisi che rende obsoleto un paradigma e le sue istituzioni, la politica come l’economia. Il racconto di Sandra e Nina, delegate Fiom a Avio e Mirafiori e quello di Vesna che ricorda come in Serbia stia tornando il nazionalismo fascista e chiede che ci relazioniamo a livello trasnazionale per capire il mondo e stringere i legami con le nostre sorelle fuori dall’Italia come era gà successo a punto G, durante la primavera araba, con le donne del nord del Mediterraneo che ci avevano chiesto di aiutarle nelle loro lotte x la laicità. Il dibattito corre tra analisi e proposte economiche, radici politiche e famigliari, urgenze di esserci da protagoniste nella politica, senza abbandonare il campo sociale e quello culturale. Ripropongo con il mio intervento l’urgenza di entrare nei luoghi di potere maschile con la forza delle nostre convinzioni e delle nostre pratiche. (cfr post precedente) La proposta fatta da Lidia Menapace già tempo fa, ci attrae e ci sembra più praticabile oggi e ci lasciamo con l’intento di lavorare ad una Convenzione che renda più politica la rete che ci unisce.

Commenti:

  • Rosangela Pesenti 11 Giugno 2012

    Ricominciamo guardando il mondo dal punto di vista del lavoro che non produce profitto, ma consente, cura e riproduce la vita e le condizioni della sua sopravvivenza, non per una spartizione del potere ma per riprenderci il diritto di POTER FARE

  • marella narmucci 11 Giugno 2012

    Secondo me gli uomini non l’hanno ancora persa sufficientemente la parola. E questo perchè noi donne ancora non l’abbiamo presa per bene. Purtroppo per noi e per tutti, le donne hanno il vizio della perfezione e di doversi dimostrare all’altezza della situazione. Questo perchè a noi donne tutto sembra che ci sia stato concesso e quindi, anche la donna più convinta dei propri diritti e delle proprie capacità, prima di buttarsi in ambiti tipicamente maschili deve essere certa di saperne di più oppure non lo fa per serietà o per senso del limite. Dobbiamo credere maggiormente in noi stesse e sostenerci a vicenda, incoraggiarci l’una con l’altra. Specie in politica. Tutte saremo in gradi di amministrare meglio della stragrande maggioranza dei cialtroni attuali. Vedi che poi la parola gliela toglieremmo completamente!

  • laura cima 11 Giugno 2012

    care mariangela e marella ripartire dal lavoro che storicamente ci è stato scaricato che è il più importante perchè se non lo svolgessimo finirebbe l’umanità vuol dire dargli valore e pretendere una distribuzione di risorse equa MA non basta. Dobbiamo riprenderci la parola su tutto e per tutti e darci valore

  • ANNA MARIA GANDOLFI 11 Giugno 2012

    ciao Laura, complimenti per il tuo blog ed il tuo sito, anche a me piacerebbe averne uno cosi semmai ti chiamero’ x saperne di piu’.buona serata

  • Nicoletta Pirotta 12 Giugno 2012

    Dopo gli anni furibondi del neoliberismo globalizzato e dentro la crisi economica e sociale é sicuramente necessario resistere per difendere i diritti rimasti ma credo che oggi piú che mai serva un femminismo capace di agire le dovute rotture con le compatibilità date per non accompagnare acriticamente i processi in atto. Opporsi alla riforma del mercato del lavoro é certamente importante ma credo che sia tempo di provare a sottrarre il lavoro produttivo alla logica del profitto e il lavoro di riproduzione biologica,domestica e sociale all,alienazione operata dal genere maschile per considerare il lavoro un’attività umana capace di promuovere benessere collettivo avendo cura di sé delle/degli altre/i e del mondo. Il genere femminile avrebbe molto da dire sul benessere collettivo. Non é tempo che il femminismo provi a porsi come soggetto politico autonomo?

  • laura cima 13 Giugno 2012

    Nicoletta sono molto d’accordo con te xchè solo un soggetto politico autonomo femminista può essere protagonista delle ridefinizioni del lavoro produttivo e di quello riproduttivo che prevede una grande elaborazione teorica del”economia e della politica sociale e istituzionale accompagnata da continue incursioni nel paradigma che sta crollando e costruzioni altrenativeUscirà in questa settimana la lettera invito a Paestum, che ho sottoscritto, che sarà un’altra occasione per fare il punto con molta parte del femminismo storico

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