Universiadi a Torino e Campionato di calcio interrotto

postato il 5 Feb 2007

Siamo tutti e tutte sotto choc dopo le ultime partite di campionato di calcio, che hanno visto in una settimana due morti causati dai cosidetti ultras, coccolati dalle società sportive fino a ieri.

L’ultima guerriglia a Catania, con l’ultimo, questa volta delle forze dell’ordine, morto ammazzato da sprangate ha scatenato finalmente una reazione della Federazione, del Governo e del Parlamento che nella scorsa legislatura avevano a lungo discusso una proposta dell’allora ministro degli interni Pisanu, annacquata e praticamente mai fatta rispettare.

Così il calcio italiano, tra scandali e morti ha ormai perso molti tifosi ed è diventato il modello negativo di sport e dà l’impressione di non saper modificare ciò che di marcio il più importante, e forse unico, sport veramente nazionale porta con sè.

Ci sono avvenimenti sportivi che potrebbero avere una grande influenza positiva tra i giovani: le Universiadi per esempio.

Come già è avvenuto per i campionati mondiali di scherma anche le Universiadi di Torino non hanno attirato l’attenzione dei media, e in parte neanche della politica, come meriterebbe un evento sportivo di giovani atleti, già grandi nei risultati e nella notorietà, che sono modello di impegno e passione per i loro coetanei e punto di riferimento per molti sportivi di tutte le età.

Se poi le giovani atlete sono donne, anche campionesse olimpiche o mondiali, gli ostacoli per molte di loro aumentano, anche in ragione della minor visibilità concessa agli sport più praticati dalle donne, non riconosciuti dalla nostra legge e dalle federazioni come professionistici che attirano meno sponsors.

Un importante convegno promosso dal mio ufficio di consigliera di parità, con Provincia e Comune di Torino, Regione Piemonte e la partecipazione della ministra Giovanna Melandri e della Consigliera di Parità Isabella Rauti per il Ministero del Lavoro, ha affrontato molti nodi politico-organizzativi dello sport, partendo da un punto di vista femminile e quindi molto diverso da quello che predomina nel calcio maschile.

Daniela Ceccarelli, neo mamma di una splendida bimba di due mesi, è stata brutalmente frustrata nel suo desiderio di gareggiare ai mondiali di sci, nonostante il tempo raggiunto nelle eliminatorie gliene desse il diritto. Lo ha denunciato lei stessa con un’intervista a La Repubblica di venerdi scorso.

Essere madri in qualche sport sembra essere incompatibile. Nella scherma, la Federazione ha fatto di necessità virtù e si è dotata di regole che tutelano le atlete madri, permettendo loro di raggiungere ottimi risultati nel medagliere.

Ma non basta la lotta sindacale che le atlete stanno conducendo per i loro diritti: occorre una rivoluzione culturale nel mondo dello sport a tutti i livelli e in tutte le discipline, che lo riporti allo spirito di competizione pulita, modello per i giovani, che aveva alle origini e che conserva ancora nei luoghi dove mancano gli affari, spesso poco puliti e in cui gli ultras sono pienamente coinvolti.

Poichè atlete e donne sportive non sono coinvolte a livello decisionale nel sistema sport italiano, come il convegno ha dimostrato, per cambiare realmente occorre che le donne si facciano rapidamente strada a tutti i livelli non solo come atlete, ma come dirigenti, tecniche, allenatrici, arbitri e giornaliste sportive.

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