il cognome della madre
postato il 23 Ott 2025
Eletta alla camera dei deputati, la prima volta alla fine degli anni ‘80 e la seconda volta all’inizio del duemila, ho presentato la mia proposta di legge ecofemminista contro il patriarcato imperante che imponeva da sempre alle anagrafi di dare ai neonati il cognome del padre legittimo, o che lo avesse riconosciuto, mentre alle madri di dare il proprio era di fatto impedito.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia in più occasioni perché non permetteva di scegliere il cognome materno e ha chiesto di rimediare.
Il 10 gennaio 2014 l’allora Consiglio dei ministri aveva dato il via libera alla bozza del disegno di legge per dare ai figli il cognome della madre che non ha mai terminato l’iter. La petizione che abbiamo avviato ha superato le 55mila firme che abbiamo consegnate al Parlamento. Ma le varie proposte di legge sono rimaste ferme in Commissione e non è mai stata messa all’ordine del giorno una proposta unificata in aula. I freni imposti dalle maggioranze parlamentari di qualsiasi colore, ma sempre molto maschili. hanno avuto la meglio salvaguardando la patrilinearità. E i comportamenti delle madri hanno quasi sempre ceduto alla volontà maschile di imporre il cognome paterno ai figli.
Il 27 aprile 2022, poco più di tre anni fa, finalmente, un’altra sentenza della Corte Costituzionale ha fatto un passo avanti rispetto al diritto della madre di dare il proprio cognome al figlio. Fino ad allora la sentenza della del 2016 aveva permesso di dare il cognome materno, ma solo se il padre acconsentiva. La situazione che si era determinata nel nostro paese rimaneva gravemente discriminante per la madre: la Consulta aveva dichiarato illegittime le norme che non consentivano di trasmettere ai figli anche il cognome materno ma, mancando una legge che spiegasse chiaramente e regolamentasse anche il pregresso, ne è derivata una prassi ambigua che sembrava fare qualche concessione ma in realtà, attraverso vari cavilli, garantiva l’automatismo al potere maschile.
è continuata una sostanziale inerzia da parte del Parlamento che ancora ad oggi, dopo i ripetuti pronunciamenti in materia da parte sia delle Corti di giustizia italiane che europee, non ha posto all’ordine del giorno il problema della riforma del diritto di famiglia per permettere di approvare una legge che garantisse il cognome materno, o il doppio cognome, in modo che finalmente il diritto di discendenza materno potesse essere riconosciuto. Le varie proposte di legge, fra cui anche quella del senatore Franceschini, che pone al primo posto il cognome della madre, sono per ora ferme in Commissione.
Io allora scrivevo nel mio blog:
“Vinciamo anche noi: adesso si cambia tutto! Si tratta di una tappa verso il potere reale, quello di riconoscere con il proprio cognome i propri figli e non essere costrette a sottomettersi alla volontà del padre famiglia che fino a ieri ha esercitato nel nostro paese la patria potestà sui figli imponendo il proprio cognome, prima con una prassi consolidata degli uffici anagrafici in tutto il paese, mai messa in discussione politicamente neanche con la riforma di famiglia, e poi, da un po’ di anni , quando cresceva la nostra consapevolezza e si presentavano proposte di legge che superavano questa vergognosa discriminazione, dichiarando incostituzionale una parte dell’ art 262 codice civile, quella che solo un figlio “naturale”, cioè nato fuori dal matrimonio, poteva assumere il cognome del genitore che per primo lo aveva riconosciuto, e quindi anche della madre, se il padre non lo riconosceva. Se il padre pretendeva il suo cognome quando l’avesse riconosciuto, l’anagrafe lo doveva cambiare e il parere della madre non valeva nulla. A chi non era sposata quindi, come nel mio caso, quando è nato il mio secondo figlio, è stato possibile dare il proprio cognome solo perchè il padre l’ha riconosciuto in un secondo tempo senza imporre il suo cognome. Solo per la disponibilità di quello che poi è diventato mio marito, il mio secondo figlio porta il cognome di entrambi e il primo è il mio.
Il presidente Amato, con cui ho collaborato in diverse occasioni quando ero parlamentare, l’aveva detto subito che nel suo breve passaggio in questa carica, che scadrà tra non molto per i limiti di età, avrebbe portato la Corte Costituzionale a pronunciarsi chiaramente per eliminare questo “retaggio patriarcale” e ieri è finalmente stata depositata la sentenza che riporta la linea genealogica alla madre che lo cresce in sé e lo partorisce e allatta.”
Il quotidiano Avvenire del 22 ottobre 2025 a pagina 3 fa il punto dopo più di dieci anni:
“Tra i neo genitori ancora oggi solo il 9,2% chiede il doppio cognome.
Nel 2024 il 6,7% dei nati in Italia ha ricevuto il doppio cognome paterno e materno, un dato in crescita di 4,3 punti percentuali rispetto al 2020. L’aumento riguarda tutto il Paese, ma resta più marcato nel Centro-Nord (8,6% al Nord, 8,3% al Centro) rispetto al Mezzogiorno (6,4%).
La scelta del doppio cognome è più frequente tra i primi figli (9,2%) che tra i secondi (4,7%) o successivi (3,0%), segno che le coppie alla prima esperienza genitoriale sono più propense ad accogliere la novità introdotta dalla sentenza della Corte costituzionale del 2016. Tra i coniugati il doppio cognome è scelto nel 5,3% dei casi, tra i non coniugati nell’8,5%.”
Se ne deduce che se non si vara una legge paritaria in merito, se una donna vuole diventare madre e dare il proprio cognome al figlio deve sperare che il padre non lo riconosca e, ovviamente non sposarlo prima.
Mi chiedo come mai le parlamentari di ogni parte politica non si siano messe d’accordo per una iniziativa comune che porti a rovesciare questo stallo e a promuovere finalmente una legge paritaria. Visto che la gestazione per altri è “reato universale” per volere della Roccella, con il favore di Meloni, che credo abbia dato alla figlia il cognome del padre da cristiana, madre, e donna, con l’avallo anche dell’opposizione nei fatti. Così tutto è rimasto con l’impianto patriarcale precedente. Tant’è vero che meno del 10% dei neonati porta il doppio cognome e, ben pochi, quello della sola madre. I nati a cui è dato il cognome materno sono così rari che non si citano neppure nelle statistiche.
Eppure è esistito un lungo tempo di matrilinearità, e quindi di società in cui le donne avevano un potere indiscusso. Tra i Minangkabau in Indonesia, ricordo che chiesi alla mia guida che portava il cognome di sua madre se nessun maschio si fosse mai imposto per dirigere la società e tramandare il proprio cognome ai figli. Mi guardò sorpreso e mi spiegò che trovava naturale consegnare lo stipendio alla madre e alla moglie che così si occupavano di tutto lasciandolo tranquillo e libero da responsabilità.
Sono contenta che, oltre a mio figlio, anche mio nipote abbia il mio cognome per primo.
Commenti:
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Appoggio senz’altro la lotta per una legge paritaria. Ma lascerei perdere i Minangkabau, perché il consegnare lo stipendio alla madre e alla moglie mi ricorda troppo quello che facevano le donne coi padri e mariti, “così stavano tranquille e senza pensieri!” 😉
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Quello del’oblio del cognome materno, nel riconoscimento della nostra identità, è in effetti una delle discriminazioni che ci portiamo addosso per tuttA la vita, ingiustamente. Porpora era il cognome della mia mamma..il mio colore preferito.
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E’ giusto che il mondo vada avanti, compreso la scelta in molti casi del cognome.