che fare

postato il 15 Mag 2022
che fare

Durante la pandemia tutti hanno scoperto che al paradigma dello sviluppo (insostenibile per catastrofi climatiche oltre che per la pandemia) era ora di sostituire quello della cura. Di fronte all’incapacità della scienza di spiegare come questo virus era nato e si stava diffondendo ovunque velocemente procurando cosi tante morti e della politica di prendere provvedimenti sostenibili, umanamente e democraticamente, per contenerlo e mettere il sistema sanitario, pesantemente tagliato e privatizzato, in grado di accogliere i malati, era necessario affidarsi alle donne. Naturalmente perché erano le uniche che curavano a domicilio chi si ammalava, non pagate o sottopagate rischiando il contagio come i medici e paramedici dei pronto soccorso e negli ospedali. Nel frattempo politici, virologhi e improvvisati scienziati rigorosamente maschi che non avevano in genere esperienza di cura diretta, erano chiamati dai media a spiegarci ogni giorno, contraddicendosi. Comitati tecnico scientifici maschili, erano assunti per indirizzare il governo, decidendo il contenuto dei decreti del presidente del Consiglio, applicati immediatamente, e mai ratificati dal Parlamento come previsto visto lo stato di emergenza dichiarato per la pandemia finito al 31 marzo ma già sostituito da quello per la guerra che ci porteremo fino a fine anno. Due anni e mezzo in cui il Parlamento è pressochè esautorato, la partecipazione non esiste più e le donne, se non sono fidate e utili nel contesto, non hanno voce e tantomeno potere decisionale.

Ora con questa guerra in corso, abbiamo una pletora di generali ed esperti militari e diplomatici improvvisati che si litigano nei talk show e le polemiche si ripercuotono in rete tra presunti guerrafondai schierati con Biden e pacifisti accusati di essere putiniani. Mi sono sorpresa nel trovare femministe che stimo coinvolte anch’esse a commentarli. Ho scelto il silenzio e di confidarmi con altre che come me patiscono ogni giorno distruzione, morte e paura che inviate come Francesca Mannocchi ci raccontano mentre rischiano la vita dato che decine di giornalisti sono stati uccisi. Patiamo anche l’agilità politica che ci manca e l’impossibilità di essere ascoltate seriamente visto che siamo tornate ormai ai rigidi ruoli che il patriarcato ha imposto a donne e uomini dalla preistoria e che oggi abbiamo sotto gli occhi con il modello terrificante imposto dai talebani. La vicenda afghana, dove Russia e Usa con la Nato si sono alternati “a portare civiltà”, se ne sono andati indegnamente sconfitti con i loro governi fantocci, e dove oggi le donne sono costrette a stare chiuse in casa o portare il burqa e farsi accompagnare da un maschio di famiglia se escono, e non possono né andare a scuola né lavorare, è la più chiara dimostrazione dell’attualità di questo sistema.

Abbiamo purtroppo misurato questa rigida divisione dei ruoli in Ucraina, dove sei milioni di profughi sono espatriati, sostanzialmente donne che hanno portato con sé bambini e anziani, mentre gli uomini erano costretti a impugnare le armi contro l’invasore. Abbiamo visto tutte le riunioni Nato, Onu, Russia, Ucraina e delle delegazioni che avrebbero dovuto trovare una mediazione con negoziati che sono rapidamente falliti perché le donne non erano invitate e perché i decisori hanno puntato sull’escalation della fornitura di armamenti.

Vorrei che chiarissimo insieme la differenza tra non violenza e pace, noi donne in particolare, che non possiamo accettare di usare questo termine dove ci violentano e ci uccidono, e dove l’ingiustizia è prassi. Se non ragioniamo su come siamo trattate, da sempre, da chi e perché, risultiamo di fatto complici di un sistema violento che è ormai alla frutta. Sono non violenta perché ecofemminista come tante che mi hanno preceduta e non dimentico.

Ho ascoltato la presentazione in Senato, alla presenza della ministra Cartabia e al Presidente della Corte Costituzionale Amato, la presentazione da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio , nonché su ogni forma di violenza di genere della “Relazione sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale”, approvata il 20 aprile 2022, relatrice la senatrice Valente. Mi è parso finalmente un momento importante che tutte le femministe e le volontarie dei centri antiviolenza dovrebbero conoscere e discutere insieme.

Dalla sentenza della Corte costituzionale che vieta la trasmissione automatica del solo cognome del padre ai figli. che è fondamentale far conoscere a tutte e tutti, è stato finalmente fatto un passo avanti simbolico, anche nel nostro paese, per garantire che la madre possa dare il proprio cognome e quindi aprire la strada a una genealogia femminista di cui tanto si è parlato finora in teoria. Si toglie una leva di potere fondamentale al patriarcato e a tutti i maschi che finora hanno goduto di privilegi vergognosi sulla nostra pelle. Si apre una nuova fase di liberazione radicale che dobbiamo cogliere in tutta la sua fondamentale carica rivoluzionaria, proprio quando gli uomini che hanno in mano le leve del potere dimostrano in modo evidente che stanno portando la nostra società e la stessa madre terra che ci ospita verso il baratro. Non possiamo assistere passivamente all’attuale sviluppo insostenibile e ingiusto messo in crisi dall’incapacità di transizione energetica dai fossili, da guerre e sanzioni, da corsa al riarmo che dirotta risorse, disuguaglianze crescenti, crisi alimentari e pandemia che continua.

Leggo sul Venerdì di Repubblica del 13 maggio 2022 Natalia Aspesi che scrive in un articolo dal titolo “il patriarcato in guerra” che come me non sopporta più “il chiacchiericcio stizzoso che si è impossessato di una tragedia forse senza fine, come fosse un avanspettacolo. Quanto al patriarcato, a me pare che la guerra sia proprio una sua invenzione, la gloria dei maschi, l’apoteosi dell’eroe, che escludendo le donne le protegge ma anche ne sottolinea l’inferiorità, il ruolo di servizio. E se non è il patriarcato a escludere le donne dalla guerra e altro, forse è la sopravvivenza umana, perché le donne fanno i figli, e ci impiegano nove mesi, mentre per l’uomo è questione di attimi per farne una squadra. Cioè secondo natura, ne servono meno” Sarebbe anche interessante leggere la lettera del lettore che provoca questa risposta di cui riporto solo il finale: “Non è il patriarcato ad imporre che i maschi rimangano a difendere mentre le donne se ne scappano al sicuro. Sono le stesse donne che si sono pavoneggiate in divisa in tempo di pace. Mi creda, a mandare le donne al macello non è il patriarcato: se ci fosse, andrebbero a morire le donne”.

Sulla stessa rivista Michele Serra risponde ad un lettore che esprime il suo disorientamento rispetto a schieramenti pacifisti (il Papa e Salvini insieme) che secondo lui esprimono in realtà la preoccupazione di pagare tasse e peggiorare la propria vita più che solidarietà agli aggrediti. Nell’articolo che titola. “Non disprezzate il pacifismo” scrive: “Un rapido sguardo di compatimento alle fosse comuni e alle donne stuprate, e amen …. Esiste un pacifismo che ha forti radici etiche e una vocazione interventista coraggiosa e disarmata, fatta di volontariato, presenza attiva sacrificio.” L’esempio è Gino Strada. Cito solo queste due risposte e ricordo il bel manifesto pubblicato da SNOQ nazionale e diffuso ovunque, molto commovente e poetico in cui ci identifichiamo tutte.

Vorrei però dire a tutte che non possiamo più traccheggiare e lamentarci, commentare vari intellettuali e partecipanti maschi ai talk show: possiamo intanto noi femministe tenere insieme i vari piani come abbiamo sempre fatto, con la presunzione del colibrì che porta la sua goccia d’acqua nella foresta incendiata mentre tutti gli altri animali scappano. Abbiamo tre elezioni importanti prossime: in giugno le amministrative e regionali, il prossimo anno le politiche e tra due le europee. Chi ha intenzione di contare non può assistere passivamente a liste compilate solo da politici maschi e poi astenersi nauseata. Questo blog è a disposizione di chiunque, donna o uomo che diserta il patriarcato, voglia esprimere una proposta su come unirci e contare. Buon lavoro a tutte e tutti noi.

Commenti:

  • Maddalena 15 Maggio 2022

    Condivido il contenuto del post, ma purtroppo il problema di fondo, se parliamo di partecipazione femminile alle decisioni politiche, sta in ciò che lei stessa ha affermato: se non sono utili, le donne non hanno voce. Durante le scorse elezioni ho cercato esponenti donna a cui dare il voto, e non ne ho trovata una che esprimesse il mio pensiero (un pensiero femminile in senso lato, o femminista) e solo donne di destra. In Italia la destra è l’unica parte politica che lascia spazio alle donne. Le poche donne che mi piacciono, a sinistra, sono zittite, cancellate, messe in secondo piano. Al massimo servono a raccattare voti che andranno poi al capolista, sempre uomo. Diventa perciò davvero difficile sostenere una posizione politica genuinamente antipatriarcale, laddove lo sbarramento è a monte.

  • Maria Francesca lucanto 15 Maggio 2022

    Sottoscrivo tutto on. Laura Cima, di una sola cosa non sono certa: se ci sono donne al potere come la Presidente della Commissione Europea, le premier Finlandese e svedese o la vice premier ucraina,…non andremo da nessuna parte. Deve essere chiaro che le donne che si candidano devono fare riferimento al paradigma femminista o tutto non avrà senso. Deve farsi avanti “La società delle estranee”, come delineata da Virginia Woolf .

  • Laura 17 Maggio 2022

    Da quando è arrivata la guerra ho spento la TV. Non guardo più talk politici e neanche i TG. Tengo accesa la mia Radio. Dopo tutto quanto successo non riesco a sopportare di più, mi dispiace ma non riesco proprio.

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