Il voto e Sanremo

postato il 14 Feb 2023
Il voto e Sanremo

Una volta c’erano i partiti, l’articolazione anche di corpi intermedi sul territorio, le associazioni impegnate politicamente oltre che socialmente, i gruppi di amici o frequentatori di bar dove si formavano le opinioni e si orientava il voto. La politica coinvolgeva la stragrande maggioranza di persone, magari perché interessati direttamente o dipendenti dai clan locali, ma l’importante era il coinvolgimento e anche la passione con cui si discuteva almeno in vista di elezioni.

Oggi ci sono i tre partiti di destra saldamente centralizzati con Forza Italia il meno verticistico data l’età di Berlusconi che perde voti e dirigenti. Gelmini e Carfagna sono andate con Calenda e Renzi sperando di essere più libere ma sono cadute dalla padella nella brace a causa del narcisismo dei due che si sono proposti come terzo polo ormai senza gran futuro, visti i risultati anche in Lombardia.

La disaffezione dalla politica si misura in tanti modi ma l’astensionismo, che aumenta di scadenza in scadenza, è arrivato ora al 60% e fotografa una realtà inequivocabile. Vota poco più di un terzo degli aventi diritto.

La sinistra è costretta a fare i conti con un PD da 5 mesi in congresso che si è confermato comunque il secondo partito in Italia. Sono stata recentemente al cinema Vittoria a Trento dove Elly Schlein è venuta a chiudere le primarie in Trentino Alto Adige per scegliere i due candidati finali alla segreteria del Pd e sono rimasta impressionata dalla grande partecipazione di giovani e di donne venute a sentirla ed applaudirla. Ma i votanti dei circoli locali, che dovevano essere iscritti al Pd per una decisione dell’assemblea nazionale, non sono molti.

Ho aiutato anche in Lazio una seria e preparata ecofemminista, impegnata da sempre per la ricollocazione dei migranti nei comuni Italiani, che ha deciso di appoggiare il candidato di sinistra con la lista di Demos, ma ha preso poco più dell’1%. Ho sostenuto le ecofemministe candidate con UP alle politiche ma se il risultato continua ad oscillare tra l’1 e il 2%, in questa situazione non possiamo più trastullarci con formazioni che sembrano più serie e radicali ma non hanno nessuna incidenza. “L’importanza era esserci” ha dichiarato la candidata di UP in Lombardia ma se la seconda presentazione conferma lo stesso risultato in questa situazione non mi sembra utile accontentarci, Dobbiamo aprire nuove vie.

Anche Verdi e Si, che si sono presentati in coalizione con il Pd alle politiche, riuscendo a raggiungere il quorum e fare eleggere le due coppie dirigenti grazie a Sumahoro, subito rinnegato, e a Ilaria Cucchi che hanno portato i voti, non hanno migliorato il loro risultato nelle regionali. Nel Lazio si sono presentati anche con Possibile, di Civati, ma hanno ottenuto solo il 2,7%. Anche perché con Donatella Bianchi dei 5Stelle era anche una lista progressista di sinistra ed ecologista. Bonelli e Fratoianni non hanno aggregato né la galassia frantumata degli ecologisti né la sinistra radicale sparsa e non rappresentata dal Pd. Che tristezza per me che i verdi li ho fondati grazie ad Alex Langer che mi aveva apprezzato quando eravamo giovani in LC.

I 5Stelle in Lombardia con Majorino non hanno raggiunto neanche il 4% e in Lazio hanno preso il doppio presentandosi da soli, ma certo il risultato iniziale a Roma, quando la Raggi aveva vinto dopo la vicenda Marino e il commissariamento, altra politica mai chiarita del Pd. Gualtieri che l’ha vinta ha imposto l’inceneritore con le conseguenze che ricordiamo rispetto alla crisi del secondo governo Conte. Ad indicare quanto poco sia ecologista il secondo partito italiano.

Oggi comunque anche i 5Stelle sembrano ormai arrivati al capolinea.

Nelle regionali laziali era scontata la vittoria della destra, ma non così secca, e chi aveva sperato che Majorino vincesse ha dovuto prendere atto del risultato deludente che è arrivato nonostante l’accordo con i 5Stelle. La vera novità preoccupante è il dato dell’astensionismo che in Lazio è il 63% e in Lombardia il 58%.

Come dire che alla stragrande maggioranza dei votanti non interessa più esercitare il diritto dovere di voto che sta alla base del sistema democratico. E di questo sarebbe importante parlare anche in rete e negli incontri vari sui territori, oltre che nei vari talk show televisivi.

Invece siamo appena usciti da un profluvio di esternazioni sull’edizione del festival sanremese in piena campagna elettorale dove i vertici della Rai sono stati tirati per la giacchetta dalla destra, che li vuole cambiare da quando è al governo, perché sarebbero troppo politicizzati e avrebbero concesso molto spazio ad atteggiamenti progressisti.

Quella che posso rilevare è che gli spettatori sono stati in media oltre dodici milioni per cinque giorni su più o meno la stessa cifra di votanti in Lombardia e Lazio, su 45 milioni di possibili votanti nazionali, e quindi di adulti che avrebbero dovuto essere stati molto attenti a che sarebbe successo nelle regionali. Molti di questi spettatori hanno pure pagato un euro per votare i 5 cantanti preferiti, risultati poi tutti maschi, alla faccia del femminismo della co-conduttrice Ferragni.

Come se quelli che hanno seguito il festival fossero la stessa cifra di quelli astenuti, i seguaci di Amadeus sarebbero stati, secondo quanto fatto intendere da autorevoli commentatori, distratti dal voto e soddisfatti della “politicità” di Sanremo.

Non mi sembra facile commentare dopo le politiche di settembre questo risultato disastroso dell’opposizione nel suo complesso e dei singoli partiti che si dicono progressisti e non fanno nulla per orientare un elettorato disilluso e sempre più deciso ad appoggiare questa destra di discendenza missina e leghista. Ma credo proprio che non possiamo più distrarci, almeno quelli come me, noi che ancora abbiamo conosciuto i nostri costituenti e i partigiani che ci hanno liberato dal nazifascismo.

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