Quirinale ultima fase

postato il 27 Gen 2022
Quirinale ultima fase

Credo che molte di noi stiano assistendo sempre più allibite all’attuale teatrino della politica nel momento che dovrebbe essere il più alto, quello dell’elezione di chi la guiderà per sette anni garantendo il rispetto della Costituzione, sempre meno attuata negli ultimi tempi, e in particolare in questi giorni per quanto riguarda l’art. 3 voluto dalle madri costituenti. Ieri la redazione della rivista storica DWF mi ha comunicato di essere dubbiosa se pubblicare questo articolo richiestomi un mese fa e preferisco pubblicarlo ora qui prima che invecchi troppo sperando di ricevere vostre considerazioni attuali che mi confortino e mi facciano capire se e dove la mia analisi va fuori dai binari e urta la sensibilità di alcune giovani femministe.

Due anni di pandemia mondiale hanno cambiato le nostre vite e la nostra società. La paura di contagio ci ha giocato brutti scherzi di cui è bene essere coscienti. Ad esempio la tentazione di schierarsi contro, quella di chiudersi a riccio e diffidare oppure di sbrodolare sentenze e vivere sempre collegate virtualmente fuori dalla drammatica realtà di lutti e malattie che stiamo attraversando. Insomma le nostre abitudini sono cambiate, non di rado peggiorate, spesso senza che neppure ce ne rendessimo conto. Anche a causa della informazione martellante, e non di rado contradditoria, dei vari esperti e politici, in genere maschi, che non conoscono l’empatia e millantano certezze.

Inoltre, gli obblighi scanditi da Dpcm e da governatori e sindaci hanno limitato ulteriormente le nostre libertà fondamentali e costituzionali. E ci hanno immerso in ulteriori incertezze e ansie. Gli equilibri sempre meno stabili e chiari di un governo “dei migliori”, che teoricamente gode di una larga maggioranza ma è perennemente diviso da scontri interni, rendono difficile raggiungere accordi sulle riforme richieste dall’Europa per utilizzare i fondi Next Generation. Quella della giustizia, messa a punto con molta difficoltà dalla Ministra Cartabia, continuamente attaccata dai 5 Stelle che ne avevano proposta una meno garantista e che avrebbe voluto eliminare la prescrizione, è ora seguita da quella del Consiglio Superiore della Magistratura, diventato preda di correnti in balia degli appetiti politici, come la vicenda Palamara ha messo in luce. A questo proposito consiglio caldamente di leggere il libro di Ilda Boccassini La stanza numero 30. Cronache di una vita[1], una autobiografia che è anche una denuncia coraggiosa e precisa della corruzione a cui troppi magistrati si sono prestati nel nostro paese, mettendo a volte a rischio la vita dei loro colleghi più seri, lasciati soli, prede di mafie e criminalità organizzata, ma anche di politici senza scrupoli.

Recentemente riuscire a approvare in tempo la legge di stabilità, o finanziaria come si chiamava quando ne discutevo in Parlamento, che destina le risorse statali per il prossimo anno, è stata una impresa non facile, conclusasi come ormai è abituale con il voto di fiducia ma questa volta non permettendo nessuna discussione seria e bloccando totalmente il confronto parlamentare[2]. Cercare di procurarsi le informazioni corrette e discutere collettivamente le valutazioni per elaborare posizioni comuni, come si faceva in sedi collettive che di fatto non esistono più, è molto più difficile a distanza. I luoghi decisionali rimangono ai vertici, senza confronto democratico.

Uno sciopero generale di due sindacati confederali, durante la discussione in Commissione e dopo incontri deludenti con il governo, è apparso ai molti decisionisti inopportuno mentre per me è stata una iniziativa importante, che ha messo in luce le condizioni difficili di chi ha un lavoro dipendente e un salario fermo agli anni Ottanta. Di chi ha un lavoro precario o in nero e supersfruttato. E non dimentichiamo chi il lavoro l’ha perso, magari con un messaggio da remoto. O chi non l’ha mai avuto come tanti giovani costretti ad emigrare o tante donne costrette al lavoro di cura non pagato in casa. E chi di lavoro muore ogni giorno: le morti bianche sono drammaticamente in aumento vista la totale carenza di controlli e la spregiudicatezza di non usare i sistemi di sicurezza per aumentare i ritmi. Pare che le gru crollate a Torino, uccidendo tre operai e ferendo passanti, non fossero state montate correttamente e mancassero viti.

Anche la riforma delle pensioni, che sta allungando l’età pensionabile a dismisura e che lascia i giovani con la certezza di non poterne godere quando toccherà loro, non sarà di facile accordo e non migliorerà di certo le condizioni di vita di chi ha lavorato alle dipendenze altrui. In questo caso un’altra donna, che ricordiamo quando piangeva in Parlamento perché obbligata da Monti a varare la prima riforma, la Fornero, ha legato il suo nome a un provvedimento che è stato venduto come indispensabile per la stabilità del nostro paese in Europa. E ora torna di moda.

La riforma fiscale è di nuovo difficile e la prima bozza governativa sembrava premiare ancora una volta i redditi più alti. Quella definitiva Irpef ha mantenuto l’imposta premiante alla classe medio-alta, aumentato le remunerazioni per i dirigenti pubblici, meno della metà va a operai e briciole o nulla a chi è in difficoltà.[3] E intanto l’inflazione avanza e le bollette crescono a dismisura. I poveri sono più del 10% della popolazione e reddito di cittadinanza, aiuti e ristori di vario tipo non sono serviti finora a contrastare le diseguaglianze. Le donne non fanno più figli e il nostro paese ha il tasso di denatalità tra i più alti al mondo.  L’ingiustizia sociale crescente nei confronti delle donne, espulse dal lavoro e ricacciate in casa dove, senza reddito, sono più facilmente indifese da violenze, stupri e maltrattamenti, si accompagna a un generale impoverimento della maggioranza e a una crescita esponenziale di ulteriori guadagni dei più ricchi che si possono ormai permettere qualsiasi sfizio. Bezos di Amazon ed Elon Musk di Tesla per esempio hanno lanciato il turismo privato nello spazio.

Greta Thunberg ha presidiato, con le altre tre giovanissime leader mondiali di Fff, l’ultima COP a Glasgow, denunciando il vuoto di iniziative dei grandi con quel bla bla bla che aveva già usato in Italia durante il G20, ripetuto da Draghi dopo averla incontrata, con un impegno a un cambiamento che renda concreta la transizione necessaria. Ma secondo voi sono credibili Cingolani, che promette lacrime e sangue, che vuole rilanciare il nucleare, e un governo, che continua a finanziare fossili e pesticidi, allevamenti intensivi e non bonifica terreni e acque inquinati di veleni che uccidono, anche dall’aria malsana come a Taranto e nelle città dove si moltiplicano tumori e malattie rare?

E cosa dire della politica rispetto ai migranti, dei muri e respingimenti? Delle morti alle frontiere e in mare, delle torture e degli stupri e ricatti in Libia? Da rivedere il recente dibattito promosso dal Cirsde a Torino in occasione della presentazione del secondo volume di studi su Ursula Hirshmann e le donne che con lei, da Ventotene l’hanno fondata, e in Europa ne hanno fatto emergere i valori con il gruppo “femme pour l’Europe”.[4] Una ricerca storica e filosofica che Luisa Passerini conduce da 7 anni e che ha messo in luce come oggi solo le donne e i migranti possono riportare la speranza in un’Europa solidale se si dà loro voce e visibilità, se la cultura di origine e le esperienze di vita, le aspirazioni e le differenze arricchiscono e riaprono questa realtà odierna fatta di muri e respingimenti. Sempre a Torino un interessante dibattito sull’Afghanistan e l’Europa ha messo in luce il fatto che abbiamo una responsabilità molto grande sullo scenario internazionale dove riprendono i toni da guerra fredda, gli schieramenti di mezzi militari alle frontiere, la competizione e i ricatti tra le grandi potenze.[5]

Insieme alle difficoltà pandemiche e climatiche che minacciano le nostre vite si consolidano riduzioni degli spazi democratici, carenza di partecipazione ovunque e purtroppo, in Cina, Russia, India, Brasile e altri stati dittatoriali, persecuzioni verso i dissidenti e chi non accetta le direttive dei vertici.

In questo mondo dove stanno male la stragrande maggioranza delle donne e dei bambini, per non parlare delle altre specie viventi la cui estinzione aumenta vertiginosamente, sono sempre più rare le donne che governano e che incidono sul cambio di paradigma patriarcale, neoliberista e neocoloniale che opprime tutti. I movimenti emergono a tratti ma non hanno rilevanza sociale e politica. Quelli misti che si oppongono alle politiche governative rispetto alla pandemia, non solo nel nostro paese sono egemonizzati dalle destre e da uomini spesso violenti.

Nella mia lunga vita non ricordo una situazione sociale e politica globale così difficile per noi. Mi conforta che la moglie del giovane Presidente cileno Boric abbia dichiarato che non ha intenzione di assumere il ruolo di first lady e vuole continuare a impegnarsi nel suo lavoro e che lui abbia varato un governo a maggioranza di donne autorevoli e femministe . Ma contemporaneamente mi fa pensare che un’altra donna, eletta e designata vice-presidente un po’ più a Nord, parlo di Kamala Harris, veda i suoi consensi discesi a picco e abbia confessato ai suoi amici di essere stata usata e subito accantonata.

Faccio qualche domanda a tutte: il mio disagio è emerso immediatamente alle origini della pandemia, ne ho parlato diffusamente sul mio blog[6], e in questi due anni si è consolidato ma non mi sono di certo adattata. Anche voi siete nella mia stessa situazione? Ho partecipato a decine di call, webinar, incontri a distanza e ho letto molti articoli e libri di scrittrici e studiose ma ho trovato poche indicazioni politiche nuove e adatte a questa fase che mi incoraggiassero nella mia ricerca. Qualcuna che voleva subito il partito delle donne ha monopolizzato la nostra intuizione #governodilei e della Convenzione di Menapace, lanciata da Maria Francesca Lucanto in occasione delle elezioni in Calabria, che hanno visto molte donne impegnate senza successo. Amalia Bruni, scienziata indipendente candidata dal Pd e dai 5 Stelle come presidente è stata eletta consigliera, e non è entrata in nessuno dei due gruppi che l’hanno sostenuta, perché separati senza nessuna spiegazione politica né dall’una né dall’altra parte. La biblioteca delle donne Bruzie, che è luogo delle donne storicamente importante a partire dalla straordinaria politica Rita Pisano e la storia della resistenza contro i nazifascisti di Pedace, è stata anche in questa occasione frontiera contro la ndrangheta.

Un governo locale Pd-Fratelli d’Italia, sicuramente funzionale al contesto, ha cambiato la serratura nottetempo senza nessun avviso e iniziato di mattina presto a sgomberare volumi, foto e mobili dopo aver il giorno prima assicurato in un incontro che ci sarebbe stato l’accordo con l’Arci che voleva prenderne il posto. Qualcosa da chiarire su destra e sinistra oggi, sul ruolo di associazioni nazionali che non si vergognano di proporre a pensionati questa vicenda di sgombero? Qualcosa da cambiare dopo che i sindaci eletti sono tutti uomini nei circa millequattocento comuni e solo qualche piccolissimo centro avrà una sindaca? Nessun commento significativo di politiche, burocrate, accademiche e intellettuali prima, quando si sono definite le candidature. Anche in modo vergognoso millantato come democratico: a Torino le primarie Pd per il sindaco hanno visto solo maschi capicorrente candidati e Mercedes Bresso, già presidente ecologista del Piemonte e europarlamentare Pd ha dichiarato in un comunicato stampa la sua indignazione e il rifiuto di votare una lista come quella. Come mai nessun’altra politica ha detto nulla pubblicamente, come nessuna partecipante al Cirsde, primo prestigioso Women’s studies universitario, che anche nel comitato scientifico di fine anno non ha trovato nulla di meglio da discutere se usare la schwa nei documenti ufficiali fosse importante?

Sulla rete poi la media dei confronti e delle esternazioni è contingente, parziale e non di rado, schierata e poco interessata ad un confronto aperto. Ho la necessità di capire come possiamo velocemente invertire questa deprimente discesa di elaborazioni ed esperienze positive. Come coinvolgere le varie reti femministe con cui sono in contatto in un confronto radicale che ci dia indicazioni collettive e condivise sulle priorità. Che superi divisioni ideologiche e affronti il problema più urgente che riguarda l’irrilevanza politica della maggior parte delle donne elette o nominate dai partiti, tutti rigorosamente maschili salvo quello della Meloni che è però guidata da una donna che non è di certo né femminista e né ecologista. Continuiamo a lamentarci di essere invisibili ma ci teniamo veramente ad essere protagoniste? Parliamo di sorellanza ma ce la giochiamo nelle nostre cerchie e, alcune di noi, sono ansiose di prevalere tanto quanto gli uomini. Ben difficilmente facciamo sentire il nostro sostegno concreto a donne che vorremmo candidate, ma che non abbiamo mai la forza di imporre. Difficilmente aiutiamo una donna che è stata scelta da uomini, anche se lavora per noi. È anche vero che normalmente il confronto avviene nei partiti dove a decidere sono i segretari e i capi corrente, rigorosamente maschi. Mentre nei movimenti ci si schiera su questioni imprecisate di genere e, non di rado ci si aggredisce in modo intollerante. Mai un bilancio serio su cosa si è ottenuto concretamente. Se sono finiti o diminuiti femminicidi, violenze, stupri, predazioni e umiliazioni. Se sappiamo candidare una Presidente del Consiglio, una Presidente della Repubblica e farla eleggere. Nominare un’alta burocrate, un’autority o chiunque altra che ci rappresenti in un luogo decisionale su nostro suggerimento? Sapremo accordarci su candidature non gregarie che ci rappresentano e imporle nelle prossime amministrative e politiche o lasceremo sempre a questo attuale sistema politico di giocare come sta facendo oggi, sulla nostra pelle e sulle nostre vite? Riusciremo a far approvare la legge sul cognome materno che è il primo obiettivo del nostro manifesto ecofemminista dal valore non solo simbolico ma di attuazione finalmente della costituzione?

Siamo a inizio anno, il terzo di pandemia, e questo è il momento di capire se subiremo ancora e non guarderemo mai in alto, come un recente film[7] titola. Ne ho scritto più volte sul mio blog e sui siti ecofemministi dove sollecito chiunque voglia aiutarmi a rispondere e a proporre, a condividere e a diffondere proposte. Un appello che spero venga raccolto sempre se siamo capaci di convenire in un processo vincente mantenendo le nostre differenze e le nostre appartenenze.


[1] Boccassini Ilda, La stanza numero 30. Cronache di una vita, Feltrinelli, Milano, 2021

[2] https://www.rossellamuroni.it/facciamoeco-non-vota-questa-manovra/ 30 dicembre 2021

[3] https://www.altroconsumo.it/soldi/imposte-e-tasse/speciali/nuove-aliquote-irpef 21 dicembre 2021

[4] https://media.unito.it/?content=10206 24 novembre 2021

[5] https://www.primalepersone.eu/dallafganistan-cambiano-gli-equilibri-mondiali/ 13 dicembre 2021

[6] www.lauracima.it

[7] McKay Adam, Don’t look up, Bluegrass Films e Hyperobject Industries, 2021

Pubblicato in: Donne, Istituzioni, politica,

Commenti:

  • Pinuccia 27 Gennaio 2022

    Grazie Laura delle tue importanti riflessioni e anche dell’indicazione bibliografica. Lèggerò senz’altro il libro della Bocassini. Mi era suggito

  • Rosangela 27 Gennaio 2022

    Grazie Laura. Come sai non ho proposte ma non intendo adattarmi all’esistente e nemmeno limitarmi all’indignazione. Manteniamo le reti, le relazioni, la voglia di confronto e di azione, nonostante tutto.

  • Gabriella 27 Gennaio 2022

    Un articolo tremendo, crudo, quanto realista, che fotografa dove siamo. Purtroppo non vedo segnali forti, convinti e men che meno coesi di opposizione. Pochi e poche guardano in alto, sperando che la cometa cambi rotta, concentrate/i come siamo nel nostro particolare, intossicati da diffidenza, protagonismo e senso di impotenza. Migliaia di scienziate, professioniste, studiose, la cui voce potrebbe fare la differenza, non riescono ad alzare la testa e milioni di giovani impegnati ad esistere non hanno ottenuto strumenti culturali adeguati per dire la loro o vengono messi a tacere con brutalità da chi detiene il potere. Grazie Laura.

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