Troppi morti. Quali responsabilità?
postato il 19 Set 2022
Nelle Marche sotto una ennesima catastrofe ambientale contano morti e danni mentre i sindaci denunciano di aver ricevuto dalla protezione civile solo una vaga allerta gialla e si scoprono i miliardi stanziati da circa venti anni per l’assetto idrogeologico del territorio mai utilizzati o utilizzati male. Una storia che si ripete dopo ogni disastro “naturale” con il senno di poi che non individua mai colpevoli reali e sbagli politici grossolani. Nessuno che faccia autocritica di tutti i molti politici vecchi che si ripresentano con nuovi nomi o nuove coalizioni anche in questa tornata elettorale.
Uno studente diciottenne muore durante uno stage sotto pesanti lastre senza che nessuno abbia fatto controlli e preteso sicurezza nella ditta vicina a casa dove lavorava gratuitamente e neppure avrebbe ottenuto poi un posto di lavoro sicuro e pagato degnamente. Non è il primo e non sarà l’ultimo se non si smette con queste pratiche improvvisate da qualche ministro dell’istruzione e del lavoro che hanno messo in piedi una pericolosa forma di sfruttamento dei giovani. I sindacati e gli ispettorati del lavoro fanno chiacchiere di circostanza ma non hanno mai imposto interventi per la sicurezza e assicurazioni per un posto di lavoro degno, un salario minimo e un orario vivibile. Così continua la strage giornaliera di morti sul lavoro, e la vergogna del sistema produttivo italiano che regge la concorrenza su sussidi, laissez-faire e complicità politiche imposte dalle lobby che continuano a fare guadagni spropositati in settori chiave come quelli energetici, alimentari, edilizi, nuove tecnologie.
Così l’inflazione galoppa, il debito pubblico cresce ancora, il PNRR viene speso senza i controlli indispensabili che l’Ue ci aveva richiesto, lo Stato è riassunto nelle chiacchiere di questa pessima campagna elettorale e nelle inefficienze burocratiche che coprono complicità e interessi che non sono di certo della stragrande maggioranza di persone che vivono male, soffrono le conseguenze di pandemie e malattie rare a cui la ricerca e la sanità italiana non riescono a fare fronte per privatizzazioni e tagli. E intanto scuola, ricerca e formazione sono in profonda crisi e il nostro paese si regge sul lavoro non pagato o sottopagato, a cominciare da quello delle donne.
Ne abbiamo scritto sul nostro decalogo ecofemminista che ha suscitato tanta curiosità e interesse ma non è stato ripreso neppure dalle donne politiche e dalle candidate che all’inizio avevano detto di essere assolutamente d’accordo con noi. Ieri si è sviluppato nella nostra chat ecofem un dibattito molto articolato che ha toccato tutti i temi di cui scrivo e si è focalizzato all’inizio sull’iniziativa di valorizzare della Treccani il femminile nella nostra lingua e sulla reazione vergognosa di molti maschi che temono di perdere il loro potere e in particolare di Giovanni Sallusti sul giornale di Feltri “Libero” con il titolo “Treccagne”.
E’ seguito un confronto serrato tra alcune della generazione di mezzo, con figli e allievi adolescenti, che legittimava il non voto dei giovani per le delusioni che hanno ricevuto dalla politica e dalla società e che investiva anche la responsabilità di noi che abbiamo messo la faccia nel decalogo e della generazione degli anni Settanta, quella che si rimette in gioco anche con l’incontro di ottobre convocato da Alessandra Bocchetti e Franca Chiaromonte a cui sono stata invitata.
Non ci andrò, stamani il mio nipotino di 10 mesi ha tosse e febbre e forse Covid preso al nido e ho risposto che faccio l’ecofemminista e la nonna come posso, privilegiando quest’ultimo ruolo dopo che ho compiuto 80 anni. Tocca ai giovani, il mondo è loro e anche le istituzioni e la politica lo devono essere. E le ragazze devono avere un ruolo guida. Per questo devono votare e votare bene. Non astenersi.
Commenti:
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Sono molto d’accordo sul fatto che sono prima di tutto le donne giovani e mature che devono reagire e prendersi le loro responsabilità. Noi della nostra generazione possiamo ormai affiancarle, non sostituirle.