Uomini che disertano il patriarcato
postato il 23 Mar 2022Adriano Sofri: le donne si stuprano gli uomini si ammazzano, Questi i valori tradizionali di Putin e Kirill, La bomba atomica capolavoro del patriarcato, C’erano tre minacce sul genere umano: clima pandemia e atomica e Putin si è buttato sulla terza, l’unica che poteva maneggiare. Ora le donne hanno ragione a dissociarsi da questa storia. Il carteggio Sofri-Melandri si trova su Il Foglio e Il Riformista.
A partire da questa premessa si è tenuto l’ultimo incontro ecofemminista a cui, tra glia altri, ha partecipato Piero Muo, ecosocialista di Prima le persone che vive in Francia e ci ha consigliato questo libro, scritto prima della guerra: ecco l’inizio, oggi che il primo tornado di stagione investe Los Angeles:
Da Luigi Ferrajoli Per una Costituzione della Terra, Feltrinelli, Milano, 2021
L’umanità si trova di fronte a emergenze globali che mettono in pericolo la sua stessa sopravvivenza: il riscaldamento climatico, destinato, se non verrà arrestato, a rendere inabitabili parti crescenti del nostro pianeta; la minaccia nucleare proveniente dalle migliaia di testate atomiche sparse sulla Terra e dotate di una capacità di distruzione totale; la crescita delle disuguaglianze e della miseria e la morte ogni anno, per fame o per malattie non curate, di milioni di esseri umani; la diffusione di regimi dispotici che violano sistematicamente le libertà fondamentali e gli altri diritti proclamati in tante carte costituzionali e internazionali; lo sviluppo del crimine organizzato e delle economie illegali, che hanno mostrato una straordinaria capacità di contagio e di corruzione dell’economia legale; il dramma, infine, di centinaia di migliaia di migranti, ciascuno dei quali fugge da una di queste tragedie. A causa della catastrofe ecologica,
per la prima volta nella storia il genere umano rischia l’estinzione: non un’estinzione naturale come fu quella dei dinosauri, ma un insensato suicidio di massa dovuto all’attività irresponsabile degli stessi esseri umani. Tutto questo è ormai da molti anni sotto gli occhi di tutti, documentato concordemente da una letteratura sterminata. Perfino coloro che di queste emergenze e di queste minacce sono i responsabili – i governanti delle maggiori potenze e i grandi attori dell’economia mondiale – sono totalmente consapevoli che il cambiamento climatico, l’innalzamento dei mari, la distruzione della biodiversità, gli inquinamenti e i processi di deforestazione e desertificazione stanno travolgendo l’umanità e sono dovuti ai loro stessi comportamenti. Eppure continuiamo tutti a comportarci come se fossimo le ultime generazioni che vivono sulla Terra.
Questo è invece l’ultimo articolo che mi è stato richiesto da Orlando Magazine, direttore Pazzi:
Già nel secolo scorso, scrittrici, intellettuali e suffragiste hanno tentato in tutti i campi, individualmente ma anche collettivamente, di spiegare ai padri padroni che le donne avevano maturato esperienze sufficienti per entrare a pieno titolo nella vita pubblica, in politica e nelle scienze con vantaggi rilevanti per tutte e tutti. E sono state represse, imprigionate. rinchiuse in manicomi e anche uccise perché chi governava il mondo e le famiglie voleva solo usarle, depredarle, ridurle in totale dipendenza. Letteratura, arte, storia e scienza lo testimoniano.
Diseguaglianze crescenti, violenze e stragi in nome di ideologie naziste e rivoluzioni sanguinose, due terribili guerre mondiali fecero del novecento un secolo di sangue proprio perché non si volle ascoltarle. All’inizio del secolo, Charlotte Perkins Gilman, una economista tradotta in sette lingue ma perseguitata dal marito e dal medico che la volevano pazza scrisse una fondamentale utopia ecofemminista: ”Herland”[1]. Negli anni sessanta un pericoloso veleno come il DDT fu proibito grazie alla denuncia di Rachel Carson nel suo “Primavera silenziosa”.
L’unica rivoluzione non violenta è stata quella femminista che da noi ha permesso, grazie alle nostre costituenti che sono finalmente potute entrare nelle istituzioni per il voto concesso nel dopoguerra alle donne, di scrivere la prima parte della costituzione, quella che contiene i principi e che non è mai stata cambiata, salvo il recente articolo 9 che finalmente il Parlamento ha modificato all’unanimità. Tutela dell’ambiente, biodiversità ed ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni sono state aggiunte, con quella degli animali, a quella del paesaggio e del patrimonio storico e artistico. Anche per questo cambiamento epocale l’iniziativa di ecologiste è stata determinante.
Gli anni settanta non sono stati solo le lotte per il divorzio, l’aborto, la parità e la liberazione sessuale. Sono stati l’ecofemminismo della D’Eaubonne che ne pose i fondamenti nel libro “Le féminisme ou la mort” 1974[2]. Dopo Chernobyl le ecofemministe antinucleariste e per il disarmo, che Petra Kelly aveva indirizzato alla nonviolenza da quando aveva fondato i green in Germania, si organizzarono anche in Italia, si incontrarono perché “il pianeta ci è dato in prestito dai nostri figli”, manifestarono, raccolsero le firme per un referendum con le associazioni, entrarono in Parlamento in bicicletta e in modo paritario e fecero uscire l’Italia dal nucleare civile. Quel nucleare di cui è piena ancora l’Ucraina, di cui Putin si sta impadronendo e che minaccia di usare se non lo si asseconda, insieme ai missili e ai bombardamenti che stanno distruggendo le città e uccidendo civili in fuga Guerra e un nucleare che minaccia anche noi ben più di allora.
Per questo l’ecofemminismo sembra ormai l’unica prospettiva politica possibile per salvarci e salvare la vita sulla terra, oggi che catastrofi climatiche, pandemie e ora questa terribile guerra nel cuore dell’Europa, hanno fatto delle nostre vite e delle nostre persone le comparse più o meno travolte da un mondo distopico.
Da tre anni stiamo cercando di riprendere un po’ di speranza e tutto invece sembra caderci addosso, non possiamo cercare vecchie certezze, lamentarci senza capire come affrontare concretamente ogni giorno il modo sempre più precario di vivere a cui siamo costretti, e soprattutto di cui sono insieme curatrici e vittime le donne. Cercare le radici per capire gli sbagli di cui si è stati protagonisti o complici, cambiare il linguaggio per comunicare con empatia in modo da coinvolgere corpi e menti di tante diversità, partire dalla propria esperienza e dalle emozioni che ci travolgono e ci rendono fragili come chi vorremo aiutare quando anche noi abbiamo estremo bisogno di aiuto. Affidarci al silenzio e alla meditazione nella natura, alla bellezza che ci circonda e ai nostri amici e famigliari che abbiamo disimparato ad abbracciare non ci basta più.
Tutti scoprono la società della cura a parole ma non la praticano. E si adattano ai meccanismi di potere maschili, alle predazioni dei corpi e degli ecosistemi, ad uno sviluppo che sanno insostenibile da sempre. Aumentano femminicidi e parricidi di pari passo con nuove malattie e estinzioni di specie. Possiamo chiamarlo cambio necessario di paradigma come lo definimmo a fine anni ’80, e come lo abbiamo raccontato noi Forum delle donne verdi[3], impegnate contro il nucleare con i movimenti delle femministe che manifestavano continuamente ed elaboravano con noi i termini della rivoluzione politica, scientifica e culturale necessaria e possibile a fine secolo.
[1] Charlotte Perkins Gilman, Herland – Terra di lei, La Vita Felice, Milano, 2015
[2] F.d’Eaubonne, Femminismo o morte”, Les Cahiers du GRIF, n. 4, 1974
[3] F.Marcomin e L.Cima, l’Ecofemminismo in Italia”, Il Poligrafo, Padova, 2017
Commenti:
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Grazie, profondamente d’accordo.
Ricordo anche Elisabetta Donini con il libro La nube e il limite, e Christa Wolf con Guasto che aiutarono a riprendere il dibattito cominciato con gli scritti di Laura Conti dopo Seveso. Fondamentale anche il libro di Carolyn Mechant, La morte della natura, che circolò poco.
Sentivamo allora che non c’era più tempo e si doveva cambiare. I lunghi fili di questa storia portatrice di monito e di speranza ora è nelle mani di generazioni giovani come noi eravamo allora. Forse più generazioni consapevoli insieme potremo fare la differenza. Non abbiamo altra possibilità. -
Grazie Laura per questa sintesi, un “punto della situazione” efficace
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anche io ti ringrazio , laura ,per la tenacia e la forza del discorso.Credo anch’io non ci sia altra possibilità se non quella di aiutare i nostri giovani con patti nuovi che accolgano le loro azioni, puntando-noi- il dito ancora, a costo di essere noiosamente pedagogici. La siccità ,qui in vandea padana a monocoltura mais , farà tutto il resto e le mafie agricole pure.Io resisto e nel mio povero campo ,pianto nuovi alberi .
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Grazie Laura. Dell’ecofemminismo penso ci sia davvero bisogno, ma penso che mentre sull’ecologia non ci siano dubbi su come procedere, sul termine femminista essendoci vari femminismi bisognerebbe capirci di più. Credo che dobbiamo uscire dal rivendicazionismo con la forza e il protagonismo delle donne, continuare a costruire un nuovo paradigma quello della cura contro le richieste di parità che ci fanno restare nel paradigma maschile. Ciao Franca Marcomin
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Grazie. Il suo pensiero è fondamentale
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Grazie, Laura. Una sensibilità che caratterizza un’idea di cura peculiare, al femminile, che dovrebbe porsi in modo baricentrico dentro un modello di organizzazione sociale alternativo all’attuale, miseramente basato, nella sua essenza, sulla legge del più forte, del più abile. Un’attività di cura che, a ben vedere, è quella che precipuamente dovrebbero assumersi gli enti pubblici (ben prima del volontariato), tutelando i diritti delle persone nessuno escluso.
Ogni intento programmatico, in questa direzione, dovrebbe inverarsi in un percorso ampio, chiaro, partecipato, scandito da soluzioni puntuali ai problemi reali e prioritari delle comunità. Un compito, quello di rappresentanza politica, che non può ancora ristagnare in una dimensione solo associazionistica, ma deve provare a entrare con determinazione nelle istituzioni proponendosi con una propria soggettività autorevole e riconoscibile. Non è più il tempo di lunghe, estenuanti discussioni, si deve trovare l’abilità di radicare una proposta in tutti i territori, tessendo una robusta rete col coinvolgimento delle nuove generazioni, sensibili e attente quanto basta a dare un proprio apporto. -
Grazie Laura. Sottoscrivo ogni pensiero!