Fuori la guerra dalla storia – 3

postato il 1 Mar 2022
Fuori la guerra dalla storia – 3

Ricominciamo da Petra. Contro ogni guerra, i testimoni dell’ecopacifismo

Ieri sono cominciati i negoziati dopo la minaccia nucleare di Putin e l’invio massiccio di armi da parte dell’Europa a Kiev. 60 km di carri armati russi stanno circondando Kiev e ieri, e anche Kherson al Sud, Kharkiv al Nord è stata bombardata tutto il giorno con numerosi morti e feriti tra i civili, tra cui molti bambini. Centinaia di migliaia di profughi sono fuggiti e in tutta Europa si manifesta contro la guerra, anche in Russia dove numerosi sono gli arresti dei pacifisti e le sanzioni si fanno già sentire pesantemente.

Venerdì scorso abbiamo iniziato un confronto tra ecopacifiste di cui abbiamo pubblicato ieri report e contributi arrivati successivamente, e in cui invitiamo chi è in rete con noi a partecipare. Come prevedibile il linguaggio militare si diffonde, e non solo tra i maschi, mentre noi non vogliamo farci contaminare e cercheremo ogni giorno di contrastare la guerra, metodi e linguaggi, come abbiamo sempre fatto nella nostra vita e tantopiù ora che ce la troviamo nel cuore dell’Europa dove, da 70 anni, si dava per scontato che non sarebbe mai successo.

Ieri abbiamo ricevuto questo articolo che arricchisce il nostro confronto da Valentina Cavanna, avvocata ecofemminista incontrata a Genova alla presentazione di l’ecofemminismo in Italia, successivamente autrice del libro su Petra Kelly, laureata: in Giurisprudenza con una tesi in Diritto Amministrativo dal titolo “Profili giuridico-amministrativi delle Valutazioni di Impatto Ambientale e Ambientale Strategica” e in Scienze Internazionali e Diplomatiche , con una tesi in Storia delle Dottrine Internazionalistiche dal titolo “Ecologismo e femminismo nel pensiero di Petra Kelly”

Tempi bui si sono abbattuti sull’Europa in questi giorni. All’improvviso, il vecchio secolo sembra tornare con forza, con le sue divisioni e la sua violenza. Petra Kelly (1947-1992), tra le fondatrici dei Verdi tedeschi, alle radici della cultura ecopacifista internazionale, ha vissuto proprio il vecchio secolo e nel vecchio secolo si è opposta ad ogni forma di violenza, fautrice di una delle forme di politica più innovative che la storia recente abbia conosciuto.

Nel ’91, mentre si concludeva la prima Guerra del Golfo, ricordava in un suo discorso come i Verdi tedeschi fossero un partito nonviolento: essi supportavano infatti il principio etico per cui un’ingiustizia non deve essere ripagata con un’ingiustizia, se possibile anche maggiore, non c’è giustificazione alla violenza militare (il testo è all’interno del volume “Nonviolence Speaks to Power”, Centre for Global Nonviolence, Hawaii, 1992).

Bisognava piuttosto, erano le sue parole, «introdurre un po’ del Discorso della Montagna e di civiltà nella politica di Bonn».

Ecologismo e femminismo, in lei, comprendono la lotta per la pace globale ed il disarmo, per una giustizia globale che implica anche una limitazione dello sfruttamento delle risorse e la cessazione dello sfruttamento dei lavoratori e più in generale delle popolazioni povere. E ancora, la tutela dei diritti umani (sia le donne, sia le minoranze etniche), la cura dei bambini e dei più deboli, la protezione dell’ambiente e del pianeta, Infine, nella sua visione, emergeva un’idea di politica distante dai partiti, centrata sull’esercizio dal basso del potere, nel segno del pensiero di Václav Havel, il poeta e drammaturgo che partecipò alla “rivoluzione di velluto” nella sua Cecoslovacchia, diventando il primo presidente, nel ’93, della Repubblica Ceca.

Petra parlava, appunto, di «ecopace»: una pace a 360 gradi, perché tutte le forme di violenza (contro l’ambiente e contro il prossimo) sono collegate. E non possiamo girarci dall’altra parte, altrimenti si è complici. Scriveva nel 1988 nella prefazione al volume “Healing the Wounds” (Green Print) della scrittrice e attivista canadese Judith Plants:

«La nostra chiamata all’azione, la nostra chiamata per una trasformazione nonviolenta della società è basata sulla convinzione che la lotta per il disarmo, la pace, la giustizia sociale, la protezione del pianeta Terra e la realizzazione dei bisogni umani basilari e dei diritti umani sono una cosa sola, indivisibile».

Ma come si combatte la violenza? Come si lotta per l’ecopace? Appunto, con la nonviolenza, era la sua ferma convinzione. La neutralità è uno strumento per una politica di pace attiva.

«La strada per la pace è la pace!» aveva detto durante il congresso dell’88 a Nuova Delhi “Towards a Nuclear-Weapon-Free and Non-Violent World” (il testo è reperibile sempre nel volume “Nonviolence Speaks to Power”).

E quanto suonano attuali, nelle ore che stiamo attraversando, le parole che pronunciò quando le fu conferito l’Alternative Nobel Prize, il 9 dicembre 1982:

«Quando un numero sufficiente di persone (…) comincia a capire la stretta relazione tra la corsa agli armamenti e la violenza internazionale, la preservazione dei legami economici, l’ingiustizia sociale e l’instabilità ecologica, allora siamo sulla strada per fare le giuste richieste a beneficio dell’umanità, piuttosto che di una nazione, di una particolare classe».

Per approfondire: Valentina Cavanna, “Petra Kelly. Ripensare l’ecopacifismo”,
Interno4 Edizioni, Rimini, 2017, ISBN9788885747012

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